Società

Coabitazione uomo-natura

Nell'era dell'antropocene

  • 07.08.2023, 09:03
  • 20.06.2024, 08:31
Un picchio nero, simbolo di biodiversità

Un picchio nero, simbolo di biodiversità

  • Keystone
Di: Clara Caverzasio 

Da sempre l’uomo coabita e convive con altre specie, e da sempre -fin dalla preistoria- modifica e plasma l’ambiente in cui vive, trasforma le nicchie ecologiche in modo da renderle più adatte alle proprie esigenze. E’ una vecchia storia, che però riguarda non solo noi umani ma anche altre specie animali: un esempio su tutti che si ricorda spesso è quello dei castori che tagliano, scavano, sbarrano e deviano corsi d'acqua, trasformando così il proprio habitat con grande zelo. Ma questa loro attività così laboriosa e impattante, di fatto è rispettosa delle dinamiche naturali e crea nuovi habitat per altri animali; perciò là dove vivono i castori la biodiversità ne risulta arricchita.

L’uomo invece, come ha affermato con la consueta sagacia l’evoluzionista Telmo Pievani, è un castoro andato fuori controllo: noi con le nostre attività abbiamo trasformato il territorio e gli ecosistemi in molteplici modi, con gravi conseguenze sulle dinamiche naturali, sulla biodiversità e sui servizi fondamentali che essa fornisce a tutti noi. Servizi essenziali per la nostra stessa esistenza.

24:22

Benvenuti nell’Antropocene

Il giardino di Albert 24.11.2016, 11:35

Malgrado questo degrado e i rischi che ne conseguono per tutti noi siano incontestabili, l’inattività delle nazioni e dei governi di fronte a questo problema è drammaticamente sotto gli occhi di tutti (basti pensare all’esito delle tante Cop, - Conference of Parties, le riunioni annuali dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici- che terminano sempre, dopo estenuanti negoziati, con l’approvazione di un documento vago, poco ambizioso e non vincolante, riconfermando alcuni impegni ma evitando di concretizzarli.

25:15

"Parliamone!"

Alphaville 18.11.2022, 12:30

  • Keystone

L’Europa però, a fronte di una situazione che vede l’80% degli habitat europei in cattive condizioni, ha preso negli ultimi giorni una decisione molto importante: ha infatti approvato una legge che mira al Recupero degli ecosistemi danneggiati e a riportare ovunque più Natura e Biodiversità: la Nature restoration law. I deputati hanno infatti chiesto che entro il 2030 i vari stati membri dell’UE mettano in campo, obbligatoriamente (la NRL infatti definisce obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri), tutte le misure necessarie per ripristinare almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Unione europea. Un primo passo per riuscire a ripristinarne il 100% entro il 2050.

Inoltre, la legge presenta nuovi e più ambiziosi target per migliorare lo stato di conservazione e di funzionamento dei principali ecosistemi, compresi quelli agricoli e urbani, e degli habitat naturali più importanti per salvaguardare la biodiversità europea.
A Bruxelles hanno infatti preso atto che il ripristino degli ecosistemi è fondamentale per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità e per ridurre i rischi per la sicurezza alimentare.

Una decisione importante che ha fatto seguito a una forte mobilitazione pubblica per difendere la legge e l’integrità del Green Deal dell’UE e per sfatare le fake news accuratamente diffuse da chi si opponeva: oltre un milione di firme e messaggi di cittadini, l’appello di 6.000 scienziati, di oltre 100 imprese, della società civile e di un’ampia coalizione di gruppi religiosi.

Al di là del ripristino e del miglioramento dello stato di conservazione di ecosistemi terrestri e marini , tra gli ambiziosi obiettivi vi sono anche: il ripristino della connettività naturale dei fiumi (si pensi al disastro avvenuto a maggio 2023 in Emilia Romagna, frutto dell’unione dei fenomeni climatici estremi dovuti al cambiamento climatico e all’estremo consumo di suolo che ha ridotto gli argini e cambiato il corso dei fiumi), e il ripristino degli ecosistemi urbani, così che gli Stati membri saranno tenuti ad agire affinché nel 2030 non si registri alcuna perdita netta di spazi verdi urbani né di copertura arborea urbana rispetto al 2021, e nel 2050 vi sia un incremento di almeno il 5 %. Entro la stessa data deve essere garantita la presenza di almeno il 10 % di copertura arborea in tutti i centri urbani.

Quella di ripensare le città in chiave “green” e di incentivare il verde urbano e con esso la biodiversità è una tendenza che per fortuna sta cominciando a prender piede. Anche perché ormai più del 70% della popolazione europea e il 50% a livello mondiale (ma sarà il 70% nel 2030) vive oggi in metropoli o in città. Anche per questo una delle principali linee della lotta ai cambiamenti climatici sono le città resilienti. “Le città sono il luogo dove la battaglia climatica verrà vinta o persa” ha affermato António Guterres capo delle Nazioni Unite. Anche perché, sempre secondo Guitierrez, abbiamo superato l’era del Cambiamento o Riscaldamento globale per entrare nell’epoca dell’Ebollizione globale.

Piano piano però si comincia finalmente ad assistere a un cambio di paradigma per cui il verde urbano non è più lì solo per piacere agli occhi, non ha più solo una funzione estetica, ma diventa sempre più funzionale affinché le città diventino capaci di resistere e adattarsi ai cambiamenti in corso, prima di tutto quelli climatici. I servizi che il verde urbano offre sono infatti tanti ed essenziali sia dal profilo socioculturale, che dal profilo educativo ma anche e soprattutto ambientale: per armonizzare le temperature alte in città, assorbire le acque meteoriche quando piove, diminuire le polveri fini create dal traffico e non da ultimo per fornire habitat agli animali sia in termini proprio di ambienti di vita, sia come corridoi verdi in città soprattutto quando si estendono su kilometri e devono rimanere permeabili il più possibile affinché non creino delle barriere. In Natura infatti non ci sono compartimenti stagni, tutto è dinamico e interconnesso. Una dimenticanza che ha delle conseguenze perché le dinamiche naturali sono fondamentali per garantire una diversità ecosistemica.

La nuova legge europea NRL cerca dunque di ripristinare o sarebbe meglio dire ‘incentivare’ la coabitazione tra uomo e natura, anche in ambito urbano, dove peraltro esistono mosaici di ecosistemi e una biodiversità insospettabili: basti pensare che nella città di Zurigo sono presenti ben 2000 delle 3000 specie esistenti in Svizzera.

Biodiversità

Tra queste specie, anche l’Ibis calvo, un uccello che non si vedeva nel nostro paese da ben 400 anni e che è riapparso qualche settimana fa, proprio nel Canton Zurigo, dove ha nidificato sul balcone di un garage!

A ricordarci che ‘coabitare’, significa ormai, anche in città, trovare delle convivenze integrate: gli ambienti urbani così come i singoli edifici non dovranno essere più solo per l’uomo, ma dovranno poter ospitare anche altre specie, -vegetali e animali- sia per mitigare il clima, sia come habitat per la biodiversità.
Perché l’alleanza con tutte le specie è la garanzia per il nostro futuro, come è ben emerso anche nel convegno internazionale che si è tenuto al Monte Verità di Ascona il giugno scorso, promosso dai due Istituti federali di ricerca: Eawag, L'Istituto Federale Svizzero di Scienza e Tecnologia Acquatica e il WSL, istituto federale di ricerca per la foresta la neve e il paesaggio, i quali hanno così inteso consolidare la ricerca interdisciplinare sulla biodiversità per trovare il più in fretta possibile delle risposte alle sfide sociali legate alla perdita di specie. Ma non solo, perché il tema della biodiversità, come già ricordato, è strettamente legato a quello del cambiamento climatico: due sfide interdipendenti, che richiedono quindi un approccio integrato.

Come dire che ‘l’unione delle specie fa la forza’.

Correlati

Ti potrebbe interessare