In cartellone nelle sale della Svizzera italiana c’è il documentario Game Over: Del Fall der Credit Suisse, basato su un’inchiesta condotta dal giornalista investigativo della SonntagsZeitung Arthur Rutishauer. Il documentario (per la regia di Simon Helbling) analizza da vicino il percorso di fallimento del colosso bancario mettendo in luce come alla base vi siano state scelte azzardate, spesso dettate dall’avidità di alcuni dei protagonisti della vicenda. Il documentario parte dal 1977, allorché a Chiasso venne rivelato un caso di appropriazione indebita di fondi provenienti dall’Italia e si chiude con il 19 marzo 2023 allorché l’ex consigliere federale Alain Berset annunciava che Crédit Suisse (dopo 167 anni di storia) stava per essere acquisita da UBS. Come è potuto succedere tutto questo ce lo ricorda Paolo Bernasconi, che nel 1977 era procuratore pubblico.
Visto a posteriori è tutto abbastanza semplice nel senso che a quell’epoca la filiale di Chiasso del Credit Suisse (che era diventata una delle più importanti in Svizzera) aveva ideato un sistema che riusciva a raccogliere una formidabile clientela italiana. Un volume colossale di fondi entrava così nella filiale. Questi fondi però venivano investiti a lungo termine. Quindi avevamo la classica situazione pericolosissima, ossia impegni a brevissimo termine (perché i clienti potevano venire e chiedere la restituzione quando volevano) e dall’altra parte impegni a lungo termine. Quindi evidentemente era un campo minato e a un certo punto le mine sono scoppiate.
Nel ‘77 (dopo aver letto sul Popolo Libertà dieci righe che dicevano che erano stati sospesi tre direttori del Credit Suisse di Chiasso) abbiamo applicato la procedura penale, abbiamo aperto d’ufficio un procedimento penale ma ancora oggi si aspetta che questo procedimento venga avviato. Continuiamo a dire “too big to fail” che vuol dire, una banca così grande che non potrà mai fallire. Ma si potrebbe usare un’altra frase: “too big to jail”: troppo grande per andare in prigione. Scusate il termine un po’ popolaresco, ma si potrebbe dire troppo grande perché si possa avviare un procedimento penale contro persone che stanno troppo in alto.
I tribunali svizzeri per intanto sono assenti, penso in particolare al Ministero pubblico del Canton Zurigo (sede principale della banca) o al ministero pubblico della Confederazione. Si pensi che negli ultimi 15 anni le perdite di Credit Suisse sono valutate attorno ai 34 miliardi, nello stesso periodo i principali dirigenti hanno percepito 40 miliardi di bonus. Allora i bonus folli e irragionevoli danno luogo a comportamenti folli. E difatti li abbiamo visti. Allora è interessante che la FINMA, l’autorità di vigilanza, ancora non ha detto nulla sui bonus. il Parlamento svizzero sui bonus tace. E questo è altamente preoccupante. (Paolo Bernasconi, avvocato luganese, ex-procuratore pubblico)
Dal film si evince che Crédit Suisse gestiva anche spesso denaro di dubbia provenienza: patrimoni di politici sospettati di corruzione. E viene più volte evidenziata questa cultura dell’avidità e della mancanza di responsabilità ai vertici della banca. Il quadro che ne risulta è piuttosto raccapricciante. Il film evidenzia come al vertice del colosso bancario si siano succedute persone sempre con questo profilo. Come mai?
Certo, perché si autoalimentano, evidentemente sempre grazie al sistema dei bonus. Sono persone con un forte appetito al rischio, ma che non ricordano un detto fondamentale: “se ami il rischio il rischio ti ama”. E quindi il rischio non ti lascia perdere perché tu l’hai amato tanto. Vorrei fare un invito ad andare a vedere questo documentario. Il film è uno strumento di lobbismo molto importante. Spero che lo vedano tutti i membri del Parlamento svizzero, così si fanno finalmente un’idea di cosa succede nelle banche di cui loro stanno trattando e che lo facciano vedere nelle università e anche nelle scuole. (Paolo Bernasconi, avvocato luganese, ex-procuratore pubblico)
Game Over
Alphaville 02.04.2025, 12:35
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