Società

Si fa presto a dire intelligenza artificiale

Siamo in piena rivoluzione algoritmica delle immagini. Preoccupazioni e nuove frontiere nel mondo dell’arte, ma la soluzione c’è.

  • 24 settembre, 12:50
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La foto di Papa Francesco creata dalla AI

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Di: Red

L’AI è tra noi già da molto tempo. Ben prima degli allarmi che si susseguono negli ultimi anni. È quanto sottolinea Francesco D’Isa, filosofo e artista visivo, nel suo recente saggio: La rivoluzione algoritmica delle immagini. Arte e intelligenza artificiale, edito da Luca Sossella Editore.
Ad Alphaville ne hanno parlato, insieme allo stesso Francesco D’Isa, Marco de Mutiis, artista e curatore digitale presso il Fotomuseum di Winterthur.

Si fa presto a dire AI, intelligenza artificiale, ma di fatto la rivoluzione degli algoritmi è più che mai in corso e non vede davvero confini. Volendo concentrarsi sul mondo dell’arte possiamo notare che, anche in quest’ambito, l’AI si diffonde in diversi modi e attraverso software sempre più sofisticati. Tra questi ci sono, per quello che riguarda il settore visuale, DALL-E e Midjourney, che secondo molti esperti daranno una scossa all’arte visiva. Una scossa forse pari all’avvento della fotografia e della Computer Graphics. L’arrivo dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte visiva però ripropone dei quesiti e dibattiti storici. Innanzitutto sull’etica, ma anche sulla natura del gesto artistico e di ciò che si può o meno definire arte.

Ne hanno discusso ad Alphaville, condotto da Cristina Artoni e Mattia Pelli, Francesco D’Isa, filosofo e artista visivo e Marco de Mutiis, artista e curatore digitale presso il Fotomuseum di Winterthur.

Sulle perplessità verso la AI nel mondo dell’arte si esprime da un punto di vista artistico Francesco D’Isa:
«Le perplessità hanno dei loro fondamenti, cioè sono intanto qualcosa che si ritrova spesso nella storia quando nasce una nuova tecnologia. Insomma il dibattito sull’intelligenza artificiale da un certo punto di vista è praticamente una fotocopia di quello che fu il dibattito sulla nascita della fotografia con alcuni artisti della cronaca. Accolsero con curiosità il nuovo mezzo e altri come Ingres che invece la criticavano al punto da creare delle petizioni proprio per sostenere per difendere l’arte dal nuovo mezzo. È una dinamica piuttosto comune: di chi sente un po’ a rischio un privilegio una competenza che ha e può mettere a rischio la propria professionalità. Personalmente credo che da un punto di vista esclusivamente artistico e creativo non ci siano rischi, anzi lo strumento sia estremamente interessante da utilizzare, che darà comunque un apporto delle possibilità nuove a chi decide di usarlo. Dal punto di vista lavorativo, invece, la questione è diversa ed anche molto complessa. Ora non voglio annoiarvi sull’argomento, però diciamo che in questo ambito non si parla più di un problema legato all’arte, ma un problema legato alla politica».

Operando più nel campo della fotografia, Marco de Mutiis fa notare che si tratta di una diffidenza, quella verso la AI, che è in fondo parte del DNA della fotografia stessa. Un DNA culturale: «Diciamo che la fotografia contiene al suo interno questa dimensione scientifica, oltre che artistica. Inizia proprio con questo: con esperimenti di chimica. E sono gli scienziati e non gli artisti a creare quel che è l’apparato fotografico. E questa dimensione va a collidere con l’immagine digitale, ma non solo con l’AI, pensiamo a Photoshop, al fotorealismo del CGI, gli effetti speciali, già negli anni ‘90. Questa idea della fotografia come documento oggettivo, che ovviamente è stato falsato per tanto tempo, rimane però ancora una credenza, un falso mito, del medium fotografico».

L’apparecchio fotografico si rivelerà l’avo di tutti quegli apparecchi che si apprestano a robotizzare tutti gli aspetti della nostra vita, dal gesto più esteriore fino all’aspetto più intimo del pensare, del sentire e del volere.

Vilém Flusser, Per una filosofia della fotografia 

Aprendo queste black box dell’intelligenza artificiale cosa succede? Appare subito il problema etico di queste tecnologie, che per essere costruite hanno bisogno di una enorme mole di dati: immagini, ma anche testi, come nel caso di Chat GPT. Un enorme patrimonio che viene utilizzato per poi creare degli strumenti che sono di proprietà delle grandi aziende tecnologiche che li hanno creati per essere poi rivenduti al pubblico. E qui sta il problema etico.
Su questo problema Francesco D’Isa è chiaro: «I dati di cui si cibano - al netto delle varie diatribe sul copyright, che sono diatribe più legali che etiche - sono una sorta di patrimonio collettivo e le aziende li utilizzano per creare un bene privato. Gli strumenti oltre a essere più noiosi, sono anche un po’ più pericolosi, a mio parere.».

La soluzione ideale, politica e etica, sta nell’open source, secondo Francesco D’Isa:
«Una soluzione a questo sono quelle aziende che creano software di intelligenza artificiale open source, che significa che chiunque può sia modificarli, che implementarli, che accedere. Poi ci sono vari gradi e livelli comunque, ma tendenzialmente ci dovrebbe essere un livello di trasparenza maggiore sia sul dataset che sul meccanismo in sé, che per certi versi è una scatola nera sempre, perché è proprio tecnicamente una scatola nera, in quanto gli umani non riescono a decifrare le reti di relazione che percepisce l’intelligenza artificiale. Ma nel caso di un software open source con questa scatola nera almeno ci si può interagire, non ci può interagire solo l’azienda che la crea, ma chiunque. E questa secondo me è la direzione che auspico sia per la ricerca, che tendenzialmente va molto più velocemente, quando si usano software open source. Usando un bene che comunque io considererei pubblico. Come i dati che ci sono su internet restituiscono almeno in parte uno strumento pubblico e quindi c’è una sorta di utilità collettiva. Si leva inoltre anche un po’ di potere ai minacciosi monopoli di intelligenza artificiale che, per motivi economici, solo pochi possono produrre e che ci lasciano poco margine di creatività».

Qui di seguito per riascoltare tutto il dibattito di Alphaville.

Le IA che creano immagini fanno paura

Alphaville 17.09.2024, 12:35

  • lucasossellaeditore.it
  • #Francesco D’Isa
  • #Marco de Mutiis

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