A guardare bene la fotografia non sembra nemmeno di essere in Ticino. Un campo da calcio è trasformato in un campo profughi. Centinaia e centinaia di uomini affollano lo stadio. Alcuni in piedi vagano, altri sdraiati a terra dormono, altri ancora, seduti sull’erba, chiacchierano e fumano una sigaretta. La fotografia è stata scattata a Chiasso. Lo stadio è il Campo Comacini oggi scomparso. E questi uomini sono rifugiati.
Dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre del 1943 e l’occupazione nazista dell’Italia settentrionale, migliaia di profughi affluirono nella Confederazione: soldati, sbandati, ex prigionieri alleati, ricercati, ebrei. Nonostante lo schieramento militare delle guardie di confine, non c’è nulla da fare. Quella che si riversa sulle frontiere è “una fiumana”, come si disse in quei giorni. Il 18 settembre si contano già 14 mila rifugiati in Ticino, che salgono a 25mila in pochi giorni.
La più grande crisi umanitaria della storia ticinese
A immortalare la più grave crisi umanitaria che il Ticino abbia mai vissuto, in quelle settimane ai confini ticinesi c’è Christian Schiefer, fotoreporter grigionese trasferitosi a Lugano e arruolato nel Servizio stampa e radio dell’esercito. Con la sua Leica documenta i passaggi di frontiera, l’accoglienza e la vita dei rifugiati nei campi di prima accoglienza, prima di essere trasferiti lontani in Svizzera interna. Molti dei suoi scatti sono censurati per non allarmare l’opinione pubblica. Oggi, le sue fotografie sono conservate all’Archivio di Stato del Cantone Ticino e all’Archivio nazionale svizzero, preziose testimonianze di quei giorni drammatici.
Alla scoperta degli scatti di Schiefer all’archivio di stato del Canton Ticino
La storia infinita 28.10.2024, 20:40
Le fotografie di Schiefer ritraggono rifugiati di ogni genere: militari in divisa, civili, ebrei, donne, bambini, antifascisti.
Molti guadano il fiume Tresa. Un fagotto sottobraccio, una valigetta. Altri cercano come possono di entrare in Svizzera superando muraglie di filo spinato. Le strade di Ligornetto e di Stabio sono percorse da lunghe file di rifugiati. La maggior parte pensa di rimanere in Svizzera solo per qualche settimana. Quasi tutti rientreranno in patria solo alla fine della guerra.
Una famiglia entra in Svizzera guadando il fiume Tresa (La storia infinita/Archivio di Stato del Cantone Ticino
Per ospitarli sono requisite scuole, collegi, cinema, fabbriche. La popolazione si dimostra generosa, fornendo cibo e vestiti.
In mezzo ai rifugiati, non ci sono solo italiani, ma anche soldati di ogni parte del mondo: serbi, polacchi, indiani del Commonwealth e persino senegalesi. Alla fine della guerra il Ticino, che allora conta 160 000 abitanti, ha accolto 45 000 profughi.
Internati senegalesi in una corte di Mendrisio (La storia infinita/Archivio di Stato del Cantone Ticino
I fatti di Chiasso e Mussolini a Piazzale Loreto
Christian Schiefer non documenta solo la grave crisi umanitaria del 1943. Due anni dopo, il 28 aprile del 1945, si trova a Chiasso e con i suoi scatti fissa per sempre un altro momento storico.
Un carro armato americano a Chiasso (La storia infinita/Archivio federale svizzero AFS
La guerra sta ormai finendo, l’Italia è stata liberata e gli americani sono arrivati fino a Como. In fuga dagli Alleati, temendo la prigionia o peggio la morte, 300 militari nazisti delle SS e della marina militare si ammassano al confine ticinese e tentano di forzare il valico di Chiasso, minacciando l’uso delle armi. La situazione è tesissima, interi quartieri di Chiasso vengono fatti sfollare per paura di uno scontro a fuoco. Dopo lunghe trattative, guidate dal colonnello ticinese Mario Martinoni, i tedeschi infine si arrendono. Christian Schiefer è lì, pronto ad immortalare il momento in cui i nazisti depongono a terra, sul piazzale ancora oggi esistente, i fucili.
28 aprile 1945, il giorno più lungo di Chiasso
La storia infinita 28.10.2024, 20:40
Nello stesso giorno, con un lasciapassare ottenuto dai partigiani, Schiefer sale su un veicolo della Croce rossa e si dirige fino a Milano. Il 29 aprile raggiunge Piazzale Loreto proprio mentre i cadaveri di Benito Mussolini e di Claretta Petacci vengono appesi al distributore di benzina. I suoi scatti, potenti e drammatici, fanno il giro del mondo e restano ancora oggi immagini iconiche della fine di un’epoca.
Christian Schiefer ha catturato la storia con la sua macchina fotografica. Oggi, a 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, i suoi scatti ci permettono di comprendere e rivivere ciò che la guerra ha rappresentato per le frontiere della piccola e neutrale Svizzera: un dramma spesso dimenticato, segnato da sofferenze, sacrifici e privazioni, ma anche da una straordinaria solidarietà e umanità.