I Confederati e la Santa Sede ebbero sempre dei rapporti speciali, come nel 1512 quando vennero omaggiati da papa Giulio II con il titolo onorifico di Defensores libertatis ecclesiae. Meno conosciute sono le biografie dei pellegrini rossocrociati, alcuni dei quali furono anche Guardie svizzere pontificie e che giocarono un ruolo importante nella storia del cristianesimo elvetico d’età moderna sia dal punto di vista geografico, rispetto alle tensioni lungo i confini di demarcazione delle aree sottoposte all’influenza dei Cantoni Riformati, sia dal punto di vista sociale e politico nei Cantoni cattolici.

Dettaglio della Chiesa del Santo Sepolcro, tratto dall'incisione di Henri Abraham Chatelain.
Gerusalemme e il Santo Sepolcro furono fin dai tempi delle crociate una delle mete predilette di molti svizzeri, come nel caso del famoso Ottone I di Grandson o del bernese Adrian I di Bubenberg, mentre paradossalmente non si trova citata così spesso l’antica Saint-Maurice in Vallese, nonostante fosse sul tragitto della Via Francigena per la Città Eterna e cronologicamente il primo luogo di pellegrinaggio elvetico, essendo qui venerato Maurizio, capo della martirizzata legione Tebea.

Veduta di Einsiedeln tratta dal Voyage Pittoresque de la Suisse.
Geograficamente sull’asse del Gottardo, fu invece proprio Einsiedeln a godere del secondo podio, oltre ad esser un santuario mariano tra i più importanti d’Europa e ad aver anche dato il nome all’omonimo itinerario descrittivo della città di Roma.
Tra l’altro sempre in questo monastero benedettino, un ancora cattolico Ulrich Zwingli, reduce dall’ esperienza di cappellano militare durante la disfatta di Marignano, predicò contro il sistema dei mercenari e delle indulgenze della Chiesa di Roma.

Ritratto di Ulrich Zwingli tratto dal Voyage Pittoresque de la Suisse.
Dopo il convento svittese in graduatoria come destinazione favorita dai pellegrini elvetici si trovava Santiago di Compostela e anche qui l’abbazia poteva comunque giocare un ruolo oltre i confini regionali, essendo sulla via che da Costanza portava appunto alla tomba iberica di san Giacomo. L’itinerario infatti passava anticamente proprio nel confinante Cantone di Zugo, che nell’immaginario collettivo regionale era all’epoca uno dei paladini della vera fede già dai tempi della vittoria sul Gubel (1531) contro gli “eretici vicini”.

Gubel, Canton Zugo.
Questo territorio estremamente sensibile, situato geograficamente sulla frontiera della sfera di influenza della città riformata di Zurigo, grazie ai pellegrinaggi verso la Spagna venne arricchito spiritualmente di due confraternite dedicate all’apostolo Giacomo. Esse, oltre a rispondere a complesse funzioni sociali, politiche ed economiche, furono anche importanti per lo sviluppo di una resistenza identitaria verso il protestantesimo dilagante nella regione di confine. Le confraternite dedicate al santo si stabilirono non a caso l’una nella città di Zugo e l’altra a Cham, insediamento in cui l’apostolo è tuttora patrono. Proprio in questo comune, visse il capitano Heinrich Schönbrunner (1498-1537), che fu per l’appunto un illustre politico e magistrato, oltre che pellegrino a Compostela nel 1531, anche se non paragonabile per importanza a Melchior Lussy.
Protagonista-chiave della Riforma cattolica all’interno della Confederazione fu proprio Melchior Lussy che nacque nel 1529 a Stans, in una delle famiglie patrizie più importanti di Nidvaldo. Egli incarna perfettamente non solo la figura del diplomatico, del politico e del militare, ma anche quella del pellegrino essendo andato sia a Roma che a Gerusalemme e nel 1590 pure a Santiago di Compostela. Testimone rappresentativo delle vie che dalla Svizzera portavano alle tre peregrinationes maiores, Lussy prestò appunto servizio come capitano nella Guardia Svizzera Pontificia; rientrato in patria fece poi il cursus honorum tipico per una persona del suo status, prima come balivo a Bellinzona e successivamente a Lugano. L’amicizia che intessé con san Carlo Borromeo, conosciuto durante la salita al soglio di Pio IV, gli permise di introdursi nell’élite dell’Italia settentrionale. Partecipò quindi al Concilio di Trento, promuovendo successivamente l’ordine cappuccino in Svizzera e contribuendo alla fondazione di un loro convento nel capoluogo nidvaldese. Si impegnò per la Riforma cattolica, lasciando un’impronta fondamentale nella politica e nella religione dei Cantoni, come scrisse di lui nel 1757 l’erudito zurighese Johann Jacob Leu. La sua devozione si manifestò inoltre con il pellegrinaggio del 1583 a Gerusalemme, dove venne armato cavaliere del Santo Sepolcro. Pubblicò anche un resoconto di questo suo viaggio nel 1590, come era in voga fare all’epoca. Nel volume scrisse di essersi recato a pregare a Sachseln, sulla tomba di Nicolao e non come solitamente avveniva per la maggioranza dei pellegrinaggi elvetici ad Einsiedeln. Lussy spiega poi come successivamente venne raggiunto da altri compagni pronti a passare il San Gottardo, due giorni dopo arrivarono a Biasca, dove parteciparono alla celebrazione eucaristica nel convento di Claro. In Ticino, i balivi di Bellinzona e Lugano ebbero spesso un ruolo essenziale nell’ospitalità verso i propri compatrioti che, in viaggio verso Roma o Gerusalemme, passavano inevitabilmente per il Gottardo, come testimoniato dalla numerosa letteratura di viaggio e dai resoconti dei pellegrini elvetici in età moderna e come confermato pure da Lussy. Quest’ultimo ci informa inoltre di come il pio gruppo arrivò a Milano e dell’udienza con Carlo Borromeo. I pellegrini svizzeri si diressero successivamente a Venezia per imbarcarsi finalmente alla volta di Gerusalemme. Il memoriale pubblicato da Lussy sette anni dopo il viaggio, prosegue poi con ampie descrizioni della Terra Santa, e riferisce che il ritorno nella Confederazione avvenne gradualmente, passando dalla Puglia fino a Roma.

Veduta dell’ospizio del S. Gottardo tratto dal Voyage Pittoresque de la Suisse.
Qui Lussy ottenne l’11 dicembre 1583 l’attestazione da Claudio Acquaviva d’Aragona, preposito generale dei gesuiti, di essersi recato pure in pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Rientrato in patria, venne accolto in un clima gioioso dalla popolazione dei baliaggi, che lo ricordavano positivamente per il suo precedente governo come landfogto in Ticino. Il cavalier Lussy si recherà poi anche a Santiago di Compostella nel 1590, l’anno dopo esser stato a Madrid per trattare ulteriori dettagli dell’alleanza tra i Cantoni cattolici e la Corona di Spagna. Con la figura di Melchior Lussy, indiscusso capofila dei pellegrini elvetici e laici in età modena, si tocca il culmine e contemporaneamente l’inizio di un lento declino della pratica devozionale verso le peregrinationes maiores, mantenendosi ancora con una certa regolarità, fino agli anni trenta del XVII secolo.

Pellegrini di speranza al Giubileo
Chiese in diretta 29.12.2024, 08:30
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