Storia

Antonio Cattaneo, originario di Mendrisio, eroe dei due mondi

Un cortometraggio omaggia la vita straordinaria del garibaldino momò che combatté per la libertà, con coraggio e determinazione esemplari 

  • 19 febbraio, 17:58
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Immagine di copertina per la première del docu-film "Antonio Cattaneo, uno tra i Mille", di Roberto Regazzoni e Rolando Schärer.

  • Ufficio Cultura, Comune di Balerna
Di: Red. 

Tanti gli appellativi collegati al nome di Antonio Cattaneo, nato nel 1933 a Mendrisio e poi sepolto a Balerna nel 1871, dove ancora si conserva la sua lapide nel cimitero del Santuario dedicato a San Antonio da Padova sul Colle di Cereda; un luogo, come specifica la giornalista e scrittrice Benedicta Frölich, dove lo stesso trentott’enne, malato di tisi, espresse il desiderio di essere sepolto. Ed Edoardo Canova, allora sindaco di Balerna, decise di onorarlo anche attraverso le parole commemorative incise sulla pietra sepolcrale: “capitano nelle armate svizzera e americana, soldato, tenente, capitano nelle file di Garibaldi (…), valoroso e prode sempre (In nome dell’ideologia, 2021). Cattaneo venne però identificato anche come personaggio fenomenale, un eroe, una figura epocale e “uno tra i Mille” -titolo per altro del cortometraggio ideato da Rolando Schärer e Roberto Regazzoni, per dare lustro alle gesta, agli ideali e al fascino esercitati da questo patriota che ha segnato la storia, svizzera e non. Un docu-film presentato il 22 febbraio 2025 nella Sala della Nunziatura di Balerna, quale segno tangibile di riconoscenza nei confronti di «un uomo che ha lottato per la libertà e la giustizia, e un invito a riscoprire la nostra identità culturale», come si legge nel volantino della Première
(Il cortometraggio sarà proiettato anche in altre occasioni sia in Svizzera, sia all’estero, e in quest’ultimo caso è prevista una versione inglese, ideale per la candidatura anche nell’ambito di Festival del film internazionali).

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Chiesa-oratorio di Sant'Antonio da Padova situata a Cereda, nel comune di Balerna.

L’ardore e il forte desiderio di impegno civico nutriti già in età adolescenziale, portarono Antonio Cattaneo fuori dai confini nazionali a soli ventisei anni, conducendolo non solo in Italia -dove partecipò a ben quattro campagne per l’indipendenza al seguito di Garibaldi, ma anche oltreoceano -dove divenne un grande protagonista della guerra civile statunitense, sempre disposto a sacrificare la sua vita in nome degli ideali di libertà. D’altronde, le parole in sua memoria incise sulla stele, come ricorda ancora Frölich, sottolineano proprio il fatto che Cattaneo non visse mai per sé stesso, ma solo “per l’umanità e la libertà”. Egli consacrò interamente la sua esistenza al servizio militare, mosso proprio dall’altissimo ideale d’indipendenza e, soprattutto, di liberazione dei popoli oppressi. E le sporadiche nozioni che si sono tramandate fino a noi sulla sua vita, fanno emerge chiaramente come il suo avvicinamento ai principi libertari sia stato profondamente influenzato dal contesto politico del Ticino di quel tempo, quando la regione era caratterizzata da un forte ultra-clericalismo ed era sottoposta alle ritorsioni del vicino Regno Lombardo-Veneto, vista come rifugio per esuli e dissidenti, che si avvalevano delle stamperie libere di Lugano e Capolago per diffondere pamphlet ritenuti sovversivi (come dimostrano anche le testimonianze contenute nell’Archivio Staffieri).

Secondo le attestazioni giunte ai nostri giorni, Antonio Cattaneo intraprese la sua carriera garibaldina nel 1859 durante la Seconda guerra d’indipendenza italiana, partecipando in modo non ufficiale alle battaglie combattute nel comasco e nel varesotto. Tra queste, figurano gli scontri di San Fermo e Malnate, che affrontò accanto ai Cacciatori delle Alpi, ossia il corpo militare al quale sarebbe stato formalmente aggregato nel luglio dello stesso anno. La sua presenza è attestata però anche durante lo sbarco di Marsala nel 1860: un’impresa che consacrò gli eroici volontari noti come «i Mille» (da cui appunto il titolo del cortometraggio) sebbene il suo nome non comparì negli elenchi ufficiali dei combattenti, probabilmente perché, come molti altri, Cattaneo si unì alla spedizione solo più tardi. Quando poi raggiunse Napoli ottenne la promozione a sottotenente di fanteria, scontrandosi tuttavia con la delusione che attese tutti i garibaldini, congedati frettolosamente affinché il merito dell’impresa fosse attribuito esclusivamente a Re Vittorio Emanuele II, mentre l’armata di volontari, considerata poco presentabile da Cavour, venne accantonata.

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Il piroscafo Piemonte, nave dei Mille.

Forse proprio questa umiliazione lo spinse a cercare nuove opportunità oltreoceano. Nel 1861, Cattaneo si arruolò così tra le fila unioniste negli Stati Uniti, allora devastati dalla guerra civile in corso, dimostrando il suo valore e impegno militari quale capitano della Legione indiana a Indianapolis; una scelta che però potrebbe essere stata dettata in gran parte dalle voci secondo cui lo stesso Giuseppe Garibaldi avrebbe potuto unirsi al conflitto in qualità di comandante nordista e, quando tre anni più tardi il leggendario condottiero decise invece di intraprendere altri percorsi, il fedele Cattaneo decise di lasciare gli Stati Uniti e tornare in Europa, partecipando alla “Giornata d’Aspromonte”: la battaglia tra l’esercito regolare italiano ed i volontari garibaldini che si svolse nel 1862, conclusa con un nuovo fallimento per Garibaldi (per altro notoriamente ferito ad una gamba, come vuole il canto popolare) e per i suoi seguaci.
Antonio Cattaneo decise allora di far ritorno a Mendrisio, dove tuttavia non fu accolto con grandi cerimonie o sfarzi proprio a causa delle sue idee libertarie e anticlericali, diventando al contrario un costante bersaglio del parroco Gaetano Pollini. Come riportato ancora dalla giornalista Frölich, nel 1866 colse dunque con entusiasmo l’occasione di unirsi nuovamente a Garibaldi per la storica campagna del Trentino, culminata con la vittoria di Bezzecca; il valore dimostrato sul campo gli valse quindi una lettera di raccomandazione da parte dello stesso Garibaldi, utile per un suo possibile ritorno in America. Il sopraggiungere della malattia lo costrinse invece a una sosta forzata, che tuttavia non lo frenò completamente; fu infatti in grado di intraprendere un’ultima avventura al fianco del suo comandante, nel 1867, quando prese parte alla campagna dell’Agro romano, conclusa purtroppo con la disfatta di Mentana, che segnò definitivamente la fine della sua carriera militare.

Antonio Cattaneo fece allora nuovamente ritorno a casa, ma anche in quel caso si ritrovò in una condizione di isolamento, questa volta persino da parte dei suoi familiari a causa della scomunica inflittagli da Pio IX (una condanna accolta con soddisfazione dal parroco Pollini). Forse per questo, racconta ancora la Benedicta Frölich, quando morì il lascito di tutte le sue sostanze divenne di proprietà del comune di Balerna, e la sua figura fu progressivamente dimenticata dalla memoria collettiva del Cantone. Bisognò attendere un secolo esatto, quando un articolo di Enzo Lombardo, pubblicato sul Corriere del Ticino nel 1971 in occasione appunto del centenario dalla sua scomparsa, riportò alla luce la vicenda del “garibaldino svizzero”, tema che poi fu approfondito qualche anno più tardi anche dallo storico Giuseppe Martinola, riportando alla luce anche il Ritratto del garibaldino Antonio Cattaneo, olio su tela dell’artista Antonio Rinaldi di Tremona che oggi fa parte della collezione del comune di Balerna.

Il progetto della realizzazione del docu-film “Antonio Cattaneo, uno tra i Mille” è stato voluto dall’Associazione per la valorizzazione dei beni culturali della Svizzera italiana, che mira a raccontare le storie e le tradizioni del nostro territorio attraverso opere multimediali. Antonio Cattaneo non sarà più quindi solo un nome inciso su una lapide, ma potrà unirsi ai simboli della storia ticinese; un uomo coerente e coraggioso che dedicò la sua breve vita alla difesa degli ideali di libertà e indipendenza e che riprende vita grazie all’interpretazione del mendrisiense Marco Capodieci. Lo stesso attore ha confessato ai microfoni di Rete Uno di aver cercato una vicinanza con il personaggio per poterlo interpretare al meglio: «Ogni qual volta mi viene proposto un personaggio storico, amo fare un rituale. Cerco un tacito consenso per poterlo interpretare. Mi sono chiuso in meditazione e ho chiesto ad Antonio Cattaneo di venirmi in contro anche con le sue emozioni. Quindi (...) ho cercato di far rivivere quello che per lui era un bisogno di dover affrontare una situazione assai difficile per l’epoca. Ricordo il giorno in cui Roberto (Regazzoni) mi ha fatto vedere la fotografia del ritratto di Antonio Cattaneo –l’unico che c’è- e suoi occhi mi trasmettevano questa forza e questa voglia di libertà, di conquistare quella libertà».

18:30

“Scopri l’eroe ticinese che ha segnato il Risorgimento”

Tra le righe 18.02.2025, 15:30

  • Sarah Tognola e Neva Petralli

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