Storia

Suffragio femminile: il difficile cammino delle donne svizzere

Dalla prima richiesta nel 1868, alla conquista ufficiale del suffragio nel 1971: un secolo di lotte, resistenze e svolte decisive

  • Oggi, 10:30
  • Un'ora fa
Suffragio.PNG
Di: Red. 

Una lunga attesa per la democrazia. Era una domenica, il giorno il 7 febbraio e l’anno il 1971: il suffragio femminile veniva finalmente ratificato anche in Svizzera. Dopo cento anni di lotta per l’emancipazione, di resistenze e di lente conquiste, il diritto di voto e di eleggibilità venne infatti esteso anche alle donne, con una schiacciante maggioranza dell’elettorato elvetico schieratasi a favore. Accadde dopo che le associazioni femminili nel Paese esercitarono pressioni notevoli sul Consiglio federale e dopo che si furono mobilitate per ottenere la maggioranza del Popolo e dei Cantoni alle urne. Un risultato anticipato, due anni prima, dal diritto di voto alle donne in materia cantonale, il 19 ottobre del 1969.

Una grande vittoria, certo, ma pur sempre una vittoria tardiva, basti pensare che in Europa fece peggio solo il Portogallo, concedendo alle donne la piena legalità giuridica uguale agli uomini solo nel 1976. In effetti, lo stesso diritto fu sancito ben 53 anni prima della Svizzera in Germania, 52 anni prima in Austria, 27 in Francia e 26 anni prima in Italia, senza dimenticare i 64 anni che separano Confederazione elvetica e Granducato di Finlandia -il primo stato europeo a riconoscere il suffragio universale, eleggendo le prime donne in parlamento nel 1907- e i 78 anni addirittura dalla Nuova Zelanda, che a livello internazionale fu appunto il primo Paese ad introdurre il suffragio femminile.

La Svizzera è stata uno degli ultimi Paesi in Europa a riconoscere il diritto di voto alle donne

La Svizzera è stata uno degli ultimi Paesi in Europa a riconoscere il diritto di voto alle donne

La loro lotta, tuttavia, le donne svizzere la iniziarono appunto già un secolo prima. Un lungo percorso, soprattutto accidentato, segnato da rivendicazioni ignorate, da ostacoli politici e da un cambiamento sociale che richiese molto tempo per attuarsi. Come si evince anche dalla cronistoria riportata sul sito del Parlamento svizzero, le prime richieste risalgono al 1868 quando le donne zurighesi tentarono di acquisire, invano, la facoltà di votare in occasione della revisione della Costituzione cantonale. Qualche decennio più tardi, nel 1893, l’Associazione svizzera delle operaie (Schweizerischer Arbeiterinnenverband) si mobilitò per rivendicare ufficialmente non solo il diritto di voto, ma anche quello di eleggibilità. Dovettero poi trascorrere altri dieci anni (1904) perché la causa dell’emancipazione politica femminile fosse sposata, per la prima volta, anche da un partito politico, e nella fattispecie dal Partito Socialista. Anche in questo caso, non fu sufficiente. 

Era necessario unirsi. Nel 1909 un’azione congiunta da parte di diverse organizzazioni, sortì buoni frutti facendo nascere l’Associazione svizzera per il suffragio femminile (ASSF): un deciso e cruciale passo avanti per il movimento delle suffragette. Ma non ancora definitivo. Infatti, nel 1918 in Consiglio nazionale approdarono due mozioni a favore del suffragio femminile, ridotte tuttavia a semplici postulati e inseguito obliate dal Governo.

Nel lasso di tempo intercorso tra le due guerre mondiali, le parole-chiave furono poi “conservatorismo e regressione”. In effetti, quando nel 1929 l’ASSF -grazie ad un’iniziativa coordinata tra diverse associazioni femminili, il Partito Socialista e i sindacati- presentò alla Cancelleria federale una petizione sostenuta da quasi duecentocinquantamila firme, il Parlamento decise di non dare seguito alla petizione. Successivamente, negli anni ’30, vi fu persino un brusco rallentamento della battaglia, dovuto principalmente alla crisi economica mondiale che spostò l’attenzione su altre priorità e, con l’ascesa di movimenti conservatori e fascisti, il modello della donna casalinga si impose con forza nella società.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, per contribuire allo sforzo collettivo e sopperire alla mancanza degli uomini impegnati al fronte, le donne svizzere si mobilitarono in massa; ma mentre in gran parte dell’Europa le cittadine conquistavano il loro diritto di voto, l’impegno femminile elvetico restò senza riconoscimento politico, e tra il 1946 e il 1951 diversi Cantoni –tra cui Basilea Città, Basilea Campagna, Ginevra, Ticino, Zurigo, Neuchâtel, Soletta e Vaud– decisero di respingere ancora l’idea del suffragio femminile; il Consiglio federale dichiarò allora prematuro sottoporre la questione a una votazione nazionale.
Durante il periodo di Guerra Fredda, il Governo avanzò tuttavia la proposta di introdurre per le cittadine l’obbligo di servizio nella Protezione Civile, e a quel punto la reazione fu immediata ed esplosiva. L’ASSF, la Lega svizzera delle donne cattoliche e l’Alleanza delle società femminili svizzere (ASF) insorsero, ponendo una domanda tanto semplice quanto dirompente: come poteva lo Stato imporre nuovi doveri alle donne senza prima riconoscerne i diritti politici? Il dibattito infiammò l’opinione pubblica e le sorti del progetto relativo al servizio civile traballarono, tanto che nel 1957 il Consiglio federale decise di proporre un altro progetto, questa volta relativo al diritto di voto anche per le donne. L’anno successivo il Parlamento si dichiarò dunque favorevole, ma il referendum del 1° febbraio 1959, segnò una nuova, pesante, sconfitta: il 66,9% degli elettori si espresse in modo sfavorevole, contro solo il 33.1% che votò a favore. Nonostante la bocciatura però, il vento del cambiamento era ormai innescato e, subito dopo il referendum, i tre cantoni favorevoli di Vaud, Ginevra e Neuchâtel decisero di introdurre il suffragio femminile a livello cantonale e comunale, e Basilea seguì nel 1966.

Youtube  

Una prima reale spinta che aprì di fatto la strada ad una nuova stagione di lotte, anche se permasero le reticenze in seno all’Esecutivo. Nel 1968 infatti, il Consiglio federale valutò l’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo tentando di eludere la clausola relativa ai diritti politici delle donne. Una passo falso che non passò inosservato, scatenando un’ondata di proteste da parte delle associazioni femminili, che costrinse il Governo svizzero a riconsiderare la questione e ad indire una nuova votazione popolare. Finalmente, il 7 febbraio 1971 anche le donne svizzere acquisirono infine il diritto di voto e di eleggibilità: un risultato storico che portò alla revisione dell’articolo 74 della Costituzione federale del 29 maggio 1874, segnando un momento cardine verso l’uguaglianza politica. Grazie a questa vittoria, le donne poterono finalmente candidarsi e ottenere seggi nel Parlamento federale, e già durante la sessione invernale del 1971 furono accolte le prime parlamentari (dieci vennero elette nel Consiglio nazionale e una - Lise Girardin - nel Consiglio degli Stati), omaggiate da una rosa quale simbolo di riconoscimento per il lungo e tortuoso cammino intrapreso. 

08:31

10 anni di voto alle donne

RSI Cultura 27.02.2024, 16:39

Come riportato anche nel Dizionario Storico della Svizzera, nonostante ci fu il riconoscimento del suffragio femminile su scala nazionale, diversi comuni decisero comunque di ritardarne l’introduzione fino agli anni ’80 e addirittura ‘90. Ad Appenzello Esterno, ad esempio, il diritto di voto alle donne fu approvato durante la tradizionale Landsgemeinde (in cui i cittadini si esprimono per alzata di mano) solo nel 1989, oltretutto con una risicata maggioranza.

La resistenza all’estensione del voto femminile non derivava da un esplicito divieto nelle Costituzioni cantonali e federali, ma piuttosto dall’interpretazione che ne veniva data; in effetti già dalla fine del XIX secolo, vari gruppi tentarono di convincere le autorità politiche e giudiziarie ad adottare una lettura più inclusiva della legge, ma senza successo. Secondo queste istituzioni, qualsiasi modifica finalizzata a introdurre il suffragio femminile avrebbe dovuto necessariamente passare per una votazione popolare. Il cambio di prospettiva avvenne il 27 novembre 1990, quando il Tribunale federale prese una decisione storica, stabilendo che l’introduzione del suffragio femminile ad Appenzello Interno –dove lo stesso anno era stato nuovamente respinto dalla Landsgemeinde– non richiedeva alcuna modifica alla Costituzione cantonale. Il testo legislativo, secondo la Corte, doveva dunque semplicemente essere interpretato come valido anche per le donne, e di fronte a questa sentenza il semi-cantone fu costretto ad adeguarsi, sancendo così la definitiva affermazione del diritto di voto femminile in tutta la Svizzera.

29:15

La voce delle donne: 50 anni di Suffragio Femminile in Svizzera

Laser 13.11.2023, 09:00

  • Keystone
  • Valentina Grignoli

Ti potrebbe interessare