Storia

Svizzera e neutralità, due volti di una stessa anima

In tempi di crisi, torna ad infiammarsi il dibattito sul concetto della neutralità elvetica; un valore e un caposaldo che ha dato forma all’attuale Svizzera, in un periodo di accesi conflitti interni

  • Oggi, 08:22
  • 2 ore fa
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  • Keystone
Di: Red. 

«La neutralità costituisce uno dei fondamenti della politica estera svizzera. In virtù di questo principio, il Paese non può partecipare a conflitti armati né stringere alleanze militari», come si legge sul sito della Confederazione svizzera. Una virtù che, parafrasando le parole scritte dallo storico e giornalista Orazio Martinetti nel suo libro “Itinerari della neutralità” (Dadò Edizioni, 2024), nel corso dei secoli è stata difesa o tradita, messa da parte o ridimensionata, derisa o celebrata, riaccendendo a più riprese il dibattito sia all’interno, sia all’esterno delle istituzioni. Questo perché il tema della pratica della neutralità coinvolge non solo le politiche del Dipartimento degli affari esteri, ma anche le decisioni politiche interne e, elemento che non si può e non si deve trascurare, pilastri quali la competizione elettorale, gli stati d’animo dei cittadini e persino l’apparato ideologico e simbolico del Paese.

E sono proprio queste le ragioni per le quali anche recentemente si è tornati ad interrogarsi e a discutere attorno a questo importante concetto. «Al momento, la neutralità è in perdita di consensi», ha affermato il professore associato all’Università di Kyoto Pascal Lottaz; anche docente in “studi sulla neutralità” al Waseda Institute for Advanced Studies di Tokyo, il politologo è stato co-autore di un appello a favore dell’iniziativa popolare sulla neutralità, intitolata “Salvaguardia della neutralità svizzera” presentata nell’aprile 2024 alla Cancelleria federale dal comitato promotore. Un’iniziativa che mira ad aggiungere un nuovo articolo alla Costituzione federale per formalizzare alcuni aspetti, soprattutto dopo le critiche ricevute nel contesto del conflitto in Ucraina e relative alla compromissione della neutralità elvetica dopo l’adesione, ad esempio, alle sanzioni imposte dall’Unione Europea nei confronti della Russia. Il riaccendersi del dibattito pubblico attorno a questo rilevante tema, ha spinto così il comitato dell’iniziativa a voler rendere più precisa l’attuale prassi elvetica, non solo per quanto riguarda le sanzioni, ma in generale per la cooperazione nel contesto della politica di sicurezza. Nell’articolo 54a, tra i vari punti, viene dunque chiesto espressamente che in futuro la Svizzera non possa più imporre sanzioni a Stati belligeranti (nemmeno misure coercitive non militari), così come non possa aderire ad alleanze militari o difensive, ad eccezione di un’aggressione militare diretta contro la Svizzera o in caso di atti preparatori in vista di una simile aggressione.

Una proposta di modifica costituzionale che tuttavia è stata respinta dal Consiglio federale, senza la proposta di alcun controprogetto, adducendo come motivazione il fatto che la neutralità diventerebbe un concetto rigido, dunque dannoso per la tutela degli interessi della Confederazione, al contrario dell’attuale prassi in materia che, secondo il Governo, ha dato prova della sua validità proprio grazie ad un certo grado di flessibilità. La decisione definitiva spetta come sempre al Popolo e ai Cantoni, con una votazione presumibilmente a cavallo tra il 2025 e il 2026.

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  • © 2024 KEYSTONE-SDA-ATS AG

Dal punto di vista storico, la neutralità elvetica affonda le sue radici nella cocente sconfitta dei Confederati durante la Battaglia di Marignano del 1515, e nel conseguente Trattato di pace di Vestfalia ratificato nel 1648 per mettere fine alla Guerra dei Trent’anni.

La battaglia di Marignano (oggi Melegnano), combattuta il 13 e 14 settembre 1515, oppone le truppe del re di Francia Francesco I ai Confederati, che difendono il Milanese. Il duca di Milano Massimiliano Sforza, loro protettore, è alleato al papa Leone X e all’imperatore Massimiliano I d’Austria.

Una parte dei capitani (principalmente quelli di Berna, Soletta e Friburgo) accetta di negoziare e l’8 settembre firma con Francesco I il trattato di Gallarate, che prevede la fine delle ostilità e il versamento di un milione di corone ai confederati. Questa decisione non è accettata però da tutti, in particolare dai rappresentanti di Uri, Svitto e Glarona.

Il 13 settembre, i soldati svizzeri marciano su Marignano, senza successo però. Il 14 settembre, l’artiglieria francese fa una carneficina nei Quadrati svizzeri, ripartiti all’assalto. Dopo un arretramento, i confederati si lanciano nuovamente all’attacco che avrebbe potuto rivelarsi vittorioso se quella mattina non fossero sopraggiunti 12’000 uomini della Repubblica di Venezia.

Fonte: Dizionario storico della Svizzera

Bisognò però attendere il 1815 perché la neutralità elvetica fosse formalizzata ufficialmente; accadde in occasione del Congresso di Vienna, quando la comunità internazionale riconobbe alla Svizzera lo status di Stato neutrale perpetuo. Quasi un secolo più tardi, nel 1907, la Confederazione elvetica formalizzò poi, sottoscrivendo la Convenzione dell’Aia che definisce i diritti e i doveri degli Stati neutrali in tempo di guerra, che “La Svizzera non partecipa a conflitti tra altri Stati, non fornisce aiuti militari e non stringe alleanze belliche”. Nel 1989, dopo la fine della Guerra Fredda, la Svizzera decise di rivedere il proprio approccio alla neutralità e nel 1991, durante la prima Guerra del Golfo, aderì alle sanzioni economiche contro l’Iraq, nel 1996 partecipò al «Partenariato per la pace» della NATO e nel 1999 inviò volontari svizzeri non armati in Kosovo durante l’omonimo conflitto, per sostenere gli sforzi di mantenimento della pace. Solo qualche anno più tardi, attraverso la votazione popolare del 2001, venne poi approvato l’armamento delle truppe nazionali coinvolte nella promozione della pace, e con l’adesione all’ONU nel 2002 la Svizzera aggiunse un ulteriore tassello verso quella che venne definita “una politica di neutralità più attiva”. In effetti, il motivo principale della non adesione alle Nazioni Unite fino a quel momento, era legato al concetto di neutralità concepito dalle autorità in quegli anni: una neutralità integrale adottata dal Consiglio federale di fronte alle minacce belliche che diedero poi inizio alla Seconda guerra mondiale (al contrario della neutralità differenziata, secondo il concetto del consigliere federale Giuseppe Motta, con cui operava la Svizzera dopo aver aderito alla Società delle nazioni nel 1920 e in base alla quale la nazione era politicamente neutrale, ma partecipava a sanzioni economiche).

Secondo lo storico Carlo Moos, docente all’Università di Zurigo «Questa visione di una neutralità integrale o assoluta era stata mitizzata durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Si pensò o si finse di pensare che era stata innanzitutto la neutralità a salvare la Svizzera dal conflitto. Questo da un lato per scopi di propaganda all’interno del paese, ma anche difendere la Svizzera dagli attacchi che giungevano allora dall’estero» (intervista Swissinfo , 2012). Sempre secondo Moos, la visione della neutralità elvetica fuori dai confini nazionali era, tuttavia, già un concetto squalificato, a causa degli affari intercorsi con la Germania nazista durante la guerra. «Per gli Stati uniti, ma anche per la Gran Bretagna e l’Unione sovietica, il prestigio della Svizzera era molto scemato a causa di questa finta neutralità».

Dopo un primo tentativo fallito, la Svizzera voto "sì" all'adesione nel 2002

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Con l’adesione all’ONU, la Confederazione svizzera non è più considerata neutrale da un punto vista “classico” (o assoluto) del termine, rivolgendo la propria attenzione alla comunità di Stati con la quale si allinea sia nelle sanzioni, sia nella partecipazione alle missioni di pace all’estero. E tuttavia, il concetto di neutralità rimane un pilastro dell’identità elvetica, sostenuto ampiamente dalla popolazione, contribuendo non solo a garantire la coesione tra le diverse regioni linguistiche e confessionali, ma assumendo anche un ruolo di primo piano nel contesto dei buoni uffici.
Un fondamento tanto saldo, eppure anche difficile da definire con precisione totale. Vi è una differenza ad esempio tra i concetti di diritto alla neutralità (sancito dai trattati internazionali e dalle norme consuetudinarie del diritto internazionale) e politica di neutralità (che include l’insieme dei provvedimenti necessari perché la neutralità sia insieme credibile ed efficace); una differenza esaminata anche dal Consiglio federale nel suo rapporto interdipartimentale “Chiarezza e orientamento nella politica di neutralità” allestito nel 2022 dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e presentato al Parlamento, nel quale vengono evidenziati i limiti del diritto alla neutralità, come sorvoli, forniture di armi, adesione alla NATO o cooperazione con la stessa, e nel quale si analizza anche come utilizzare la flessibilità prevista dalla politica di neutralità, ad esempio per quanto riguarda l’applicazione e l’esecuzione delle sanzioni. Una differenza che sta dunque anche alla base delle modifiche costituzionali sulle quali il Popolo è chiamato ad esprimersi in seno all’iniziativa “Salvaguardia della neutralità svizzera”.

26:51

La Svizzera e la neutralità

Alphaville 08.01.2025, 12:35

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La neutralità è quindi di fatto un concetto estremamente complesso poiché, come si evince anche dalla storia svizzera su questo tema, non è possibile definire una tantum in cosa si traduca precisamente questo termine quando è accostato alle questioni di geopolitica; la neutralità è piuttosto un percorso non lineare che si adatta a seconda del contesto, ed è qualcosa che si continua ad apprendere.

Nel suo volume edito nel 2025 da Laterza intitolato “La Svizzera è un paese neutrale (e felice)”, lo storico Maurizio Binaghi, presidente dell’Associazione ticinese degli insegnanti di storia e membro attivo della Società svizzera di storia e del comitato di Coscienza Svizzera, fa tuttavia emergere un aspetto indispensabile della neutralità elvetica, ossia che essa è strettamente correlata alla storia del Paese. Una storia che risulta avere però due volti distinti: da un lato, come sostiene Binaghi, l’idea che la Svizzera sia una nazione pacifica e “senza storia”, che si traduce nel vero risultato del genio elvetico che é stato in grado di persuadere il mondo che se è un popolo senza storia, è di rimando anche un popolo eccezionale, capace di stare al di sopra delle parti e fuori del tempo. D’altro canto, c’è poi la storia vera della Svizzera, fatta da conflitti anche molto violenti, attraverso i quali nacque per altro l’eterogeneità del Paese che ancora oggi esiste; una serie di spaccature che potevano essere sanate solo dalla creazione di un’identità comune, dal racconto di una tradizione che accomuna il Paese e di cui la ‘neutralità permanente’ è man mano diventata un eccellente aggregatore.
Nella sinossi del libro di Binaghi si legge infatti: «Così un popolo aggressivo e brutale, ‘armatissimo’ (come scrive Machiavelli) e bravo come nessun altro in Europa a fare la guerra, muta pelle e si immagina come una placida isola di pace. Posta di fronte a decisioni capitali per la sua stessa esistenza, la Svizzera conosce un conflitto per il controllo del passato che diventa il campo di battaglia privilegiato e la posta in gioco essenziale per ipotecare le scelte future».

Il concetto di neutralità assume allora sfumature diverse, declinato sia quale elemento fondamentale dell’identità elvetica (il collante che unisce regioni diverse per lingua e fede), ma anche un indispensabile strumento per comunicare in campo internazionale e, allo stesso tempo, per affermarsi come Stato sovrano. Il concetto di neutralità svizzera non è dunque al tramonto della sua esistenza, ma la sua applicazione nel contesto (geo)politico attuale e probabilmente futuro, continua a suscitare dibattiti non solo accesi ma anche controversi.

27:40

La Svizzera e l’Europa

Laser 11.06.2024, 09:00

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