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A San Ferdinando... si muore

È il più grande accampamento informale per migranti dell'Europa. Il 27 gennaio il secondo incendio in 7 mesi. Vi morì Becky-Amina

  • 4 febbraio 2018, 08:44
  • 23 novembre, 02:43
04:19

Chi ha ucciso Amina?

RSI/Gilberto Mastromatteo e Massimo Lauria 04.02.2018, 08:00

  • ©Massimo Lauria

Una settimana fa - era il 27 gennaio - un nuovo incendio ha devastato parte della tendopoli di San Ferdinando, in Calabria. Nel rogo ha perso la vita una donna nigeriana di 27 anni e altre due donne sono rimaste ferite. La vittima si chiamava Becky Moses, ma nel campo tutti la conoscevano come Amina. Era in Italia da un paio di anni e viveva a Riace, il Comune modello di accoglienza, governato dal sindaco Domenico Lucano. La sua richiesta di protezione umanitaria internazionale era stata respinta, ma aveva una casa e si stava avviando al lavoro, nell’ambito di un Centro d’accoglienza straordinaria. Lo scorso 28 dicembre, il Comune è stato costretto a chiudere il progetto, per il taglio dei finanziamenti da parte della Prefettura di Reggio Calabria. Amina ha dovuto abbandonare Riace e trasferirsi a San Ferdinando, nella baraccopoli informale dei braccianti africani che, nonostante lo sgombero della scorsa estate, continua ad ospitare oltre 2 mila persone. Sulle cause dell’incendio, che potrebbe essere doloso, sta indagando la Magistratura.

Si tratta del secondo rogo nel giro di sette mesi. Quello avvenuto lo scorso 1° luglio non aveva provocato vittime, ma aveva spinto la Prefettura ad annunciare un trasferimento verso una nuova tendopoli, mai del tutto portato a termine. Oggi, per dare alloggio agli sfollati (quasi un migliaio di persone), è stata allestita una tensostruttura, gestita dalla Protezione civile. Va a sommarsi ad un vecchio capannone industriale mai dismesso, alla nuova tendopoli e ad un’area container nel vicino Comune di Rosarno. Ma i posti non sono sufficienti ad ospitare tutti.

Così vivono, oggi, degli esseri umani

La tendopoli di San Ferdinando è in questo momento l’accampamento informale di migranti più grande d’Europa. Accorrono per la raccolta delle arance. Vengono da quasi tutta l’Africa occidentale. Vivono in baracche malsane, costruite con plastica e materiali di risulta, tra i quali pannelli di amianto. E sono sfruttati nei campi, a 25 euro a giornata. Una vicenda infinita, quella dei lavoratori stagionali africani della piana di Gioia Tauro che, nel gennaio del 2010, a Rosarno, si erano ribellati ai caporali, provocando la reazione violenta di alcuni residenti.

Gilberto Mastromatteo - Massimo Lauria

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