Raccontare in 140 minuti la storia di 65 milioni di migranti attraversando 23 Paesi (tra cui Afghanistan, Bangladesh, Grecia, Iraq, Israele, Kenya, Messico e Turchia) nel corso di un anno di riprese e riuscire a descrivere la singolarità delle tragedie umane che questo immenso flusso umano,
Human Flow come è intitolato il documentario, porta con sé.
Migranti in cammino nel documentario di Ai Weiwei
È riuscito al famoso artista e regista cinese
Ai Weiwei che, dopo essere stato invitato a Venezia per anni alle Biennali di Arte e Architettura, quest’anno è in concorso alla
Mostra del Cinema.
E con lui dietro (talvolta anche davanti) alla macchina da presa, con la collaborazione del mitico direttore della fotografia Christopher Doyle, l’individualità di queste persone costrette a lasciare il proprio luogo natio per guerre e carestie, in cerca di un futuro migliore, si esprime nei suoi bisogni nobili e primari: l’istruzione dei bambini, la necessità di vivere in un luogo senza insetti e parassiti, l’assistenza medica, il cibo, la libertà.
L'artista cinese accompagna con la telecamera impressionanti esodi di massa
La questione delle migrazioni riempie le pagine dei quotidiani, le immagini dei telegiornali, le opere più diverse di artisti, ma poche volte arrivano a chi guarda le tragedie personali dei veri protagonisti, al di là delle importanti questioni politiche, comunque affrontate con profondità anche da Weiwei.
Una sequenza da non dimenticare è quella in cui Ai Weiwei scambia provocatoriamente il passaporto con un profugo siriano, come a sottolineare quanto l’arbitrarietà di essere nati in posti diversi influisca sul proprio futuro.
Francesca Felletti
Il documentario di Ai Weiwei a Venezia
Telegiornale 01.09.2017, 20:00