Patrizia Guggenheim, la figlia di Varlin, non era a casa quel 23 agosto. Udito della frana si è però precipitata in Bregaglia. “È stato uno schock, ero come paralizzata”. Ma poi le tante, tantissime telefonate. Amici che la chiamavano dal Ticino, da Milano e New York. Tutti con un accorato appello. “Le opere sono tue, ma sono anche un patrimonio culturale. Ti preghiamo, salvale”.
Il trasporto non è stato facilissimo. Tre tele di grandi dimensioni (2 metri e mezzo di altezza e 5 di lunghezza) si trovavano nella zona rossa, quella pericolosa.
Tobias Eichelberg, marito di Patrizia Guggenheim, ricorda tutti i particolari di quei giorni di fine agosto. “In alcuni punti abbiamo sfiorato le grondaie. Attraversare le strette vie del paese, poi, non è stato facile. Ma ce l’abbiamo fatta.” Chiudendo però un occhio sui normali standard di trasporto. “Non c’era tempo per indossare i guanti bianchi e nemmeno per imballare i quadri prima di spostarli.”
Grazie al sostegno del Dipartimento della cultura e ambiente del Canton Grigioni e all’aiuto sul posto di polizia, protezione civile e della ditta specializzata in trasporti d’arte, tutte le opere di Varlin hanno potuto essere salvate.
Se un giorno faranno ritorno a Bondo, ancora non si sa. Tutto dipenderà dalla messa in sicurezza dell’intero paese.
Nicola Zala
Il salvataggio dei Varlin
Il Quotidiano 13.10.2017, 19:00