Il gipeto è il più grande uccello delle Alpi e per anni è stato oggetto di diverse leggende: chiamato “avvoltoio degli agnelli”, si diceva che rapisse i bambini, oltre a un concorrente dell’uomo nella caccia di caprioli e camosci. Una nomea che ha portato al suo sterminio: nel 1913 l’ultimo gipeto barbuto delle Alpi fu abbattuto in Italia e per decenni non ce ne fu traccia.
Negli anni ‘80 è iniziato un programma di reintroduzione, prima in Austria, poi in Francia e in Italia. Nel 1991 è stata la volta della Svizzera. Dopo lunghi preparativi, i primi tre gipeti barbuti, Settschient, Moische e Margunet, furono inviati a Zernez da allevamenti di Vienna e Berlino. Il 5 giugno furono rilasciati nel Parco nazionale svizzero.

Il direttore del Parco nazionale svizzero con uno dei primi esemplari rilasciati in territorio elvetico
Oggi la Stazione ornitologica svizzera di Sempach stima che ci siano circa 350 esemplari che vivono nelle Alpi. In particolare, l’Engadina è considerata uno degli hotspot per i gipeti. Ma non ovunque la situazione è altrettanto positiva, afferma Livio Rey, portavoce della Stazione ornitologica svizzera di Sempach: “La popolazione di gipeto barbuto sta bene soprattutto tra la Francia orientale e l’Engadina. Nel resto delle Alpi, ci sono invece piuttosto pochi esemplari”.
La storia di successo del gipeto barbuto (RTR, 24.02.2025)
La reintroduzione del gipeto sembra quindi una storia di successo, e destinata a continuare. Secondo uno studio della Fondazione Pro Gipeto e della Stazione ornitologica svizzera, nei prossimi dieci anni la popolazione di questi uccelli potrebbe raddoppiare. Una previsione molto incoraggiante, secondo Rey, che si basa su riproduzione, rilasci e sopravvivenza dei gipeti registrati attualmente. Una crescita del genere, spiega, è possibile solo perché la popolazione è ancora distante dalla sue possibili dimensioni.

L'evoluzione dei siti di nidificazione negli anni
L’importante è che i gipeti abbiano a disposizione abbastanza cibo e delle buone zone per nidificare, e un aumento della popolazione sarà allora probabile.
Non mancano però i pericoli e lo studio mostra che già il decesso di qualche animale in più all’anno, oltre a quelli che muoiono per cause naturali, potrebbe portare la popolazione di gipeti a una contrazione.
I rischi, elenca Rey, sono le collisioni con cavi sospesi, ma anche avvelenamenti, caccia di frodo. Anche il turismo può essere un fattore negativo. Le zone di nidificazione possono essere disturbate da chi vuole fotografare gli uccelli, chi fa arrampicata o parapendio, così come dai droni.

I cavi sospesi sono uno dei pericoli in agguato per i gipeti
Anche gli impianti eolici possono rappresentare un rischio sempre più frequente. Secondo l’esperto, il pericolo può essere minimizzato pianificando l’installazione delle pale a 15 chilometri dai luoghi di nidificazione e frequentati dai gipeti. Anche il rischio di collisione con i cavi può essere ridotto smantellando quelli non più usati ed evidenziando i rimanenti con colori ad alto contrasto per renderli più visibili.
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Controcorrente 20.02.2025, 11:47
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