La vetrina degli animali ticinesi estinti, più impagliati che mai al Museo cantonale di storia naturale di Lugano, si svuota, idealmente, di un altro ospite. Dopo lupo e lince, anche il gipeto è tornato a riprodursi allo stato selvatico e lunedì scorso il piccolo rapace ha preso il volo dal nido.
La vetrina degli "estinti" al Museo cantonale di storia naturale a Lugano
Si tratta di un ritorno che, a differenza degli altri citati, dovrebbe mettere tutti d’accordo: "È una notizia bellissima e attesa da quando è stato avviato il progetto di reintroduzione - sottolinea Serena Britos, biologa e direttrice di Pro Natura Ticino -. Non va inoltre sminuito il messaggio positivo veicolato da questa rinascita. Circondati come siamo da tante situazioni negative, il gipeto ci mostra che la natura è resiliente. L’uomo ha provocato grandi danni, ma non è una lotta persa fare qualcosa per invertire la rotta. Assolutamente no".
Giovane di gipeto in volo
Il ritorno del rapace sulle Alpi Lepontine non è però una rondine che fa primavera. La situazione generale della biodiversità in Svizzera ricorda piuttosto le tinte dell’autunno. “È importante capire che il gipeto fino a non molto tempo fa era una specie sparita dalle Alpi, a causa della persecuzione antropica, ma il suo habitat esisteva ancora ed è questo che ha reso possibile la sua reintroduzione”. Con molti altri animali ciò non è più possibile. “Il problema principale che minaccia la biodiversità – continua la nostra interlocutrice – è rappresentato appunto dall’erosione degli habitat. Purtroppo, come mostra la recente bocciatura agli Stati del controprogetto sulla biodiversità, c’è una percezione sbagliata che tutto vada bene. La Svizzera è bellissima, con ancora moltissimo verde e tante bellezze da ammirare, ma è anche un paese dove un terzo delle specie animali e vegetali è considerato in pericolo”.
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L’aspetto forse più preoccupante riguarda le interconnessioni. Perché una specie in difficoltà quasi sempre ne trascina con sé altre. L’esempio più citato è quello degli insetti, che “sono minacciati nella misura del 60%. Ciò rende vulnerabili gli uccelli, come le rondini, o i chirotteri che se ne cibano". E non solo: "Anche la riproduzione di molte piante è a rischio... Gli insetti, anche se a molte persone non piacciono, svolgono una serie di servizi fondamentali per il nostro ambiente, tra cui l'impollinazione delle piante, il riciclo della materia e la fertilità del suolo".
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Dal micro al macro (per dimensioni), i ritorni nel regno animale elvetico si sono concentrati tra i mammiferi. Ad inizio luglio ha fatto notizia la nascita del primo bisonte in un ristretto branco, per ora in cattività, nel Giura solettese. L’obiettivo ultimo dei promotori è il reinserimento in libertà, ma ciò non avverrà prima del 2032. In altri casi la natura ha fatto invece il proprio corso, senza chiedere il permesso all’uomo. Pensiamo al ritorno del lupo, su cui esiste ormai una sterminata cronaca che non occorre qui rievocare. Più sporadica, ma accertata, restando al Ticino, è la presenza della lince in Leventina, dove la scorsa estate venne ritrovato lo scheletro di un esemplare adulto e tracce di un piccolo. La mancanza di aggressioni ad animali da reddito ha reso questo ritorno meno contrastato. Un po’ come quello della lontra nel nord dei Grigioni.
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Anche il castoro, scomparso ad inizio ‘800 a causa della caccia intensiva, è stato reintrodotto a partire dagli anni ’50 con successo. La specie resta tuttavia minacciata nonostante i quasi 5'000 esemplari.
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Per altri animali gli scenari sono invece meno rosei. “Si tratta di tutte quelle specie che hanno bisogno di condizioni molto peculiari per poter vivere. La bonifica dei territori, i fiumi incanalati e la diminuzione dei punti d’acqua rappresentano così una minaccia per gli anfibi”, ricorda Serena Britos.
Infine ci sono le presenze di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. “Non sono dei ritorni, ma piuttosto degli arrivi. Mi riferisco alle neofite e alle neozoe, ossia a quelle specie che vengono da fuori e si installano qui, rubando spesso la nicchia ecologica delle specie autoctone. Possiamo citare, ad esempio, le tartarughe della Florida che sono state messe in libertà in molti specchi d’acqua, facendo quasi scomparire la nostra tartaruga d’acqua, la Testuggine palustre europea".
Di fronte a queste "invasioni" che minacciano fauna e flora locali, Pro Natura soppesa caso per caso come intervenire. “Facciamo delle ponderazioni – dice la direttrice -. Ci sono arrivi che non si possono più contrastare perché servirebbero forze fisiche e mezzi finanziari fuori portata. Invece facciamo una lotta attiva alle neofite e alle neozoe nelle riserve che sono importanti per la biodiversità”. La lotta passa anche dalla sensibilizzazione: “Abbiamo un progetto di giardini naturali con cui suggeriamo quali piante strappare senza problemi. Come l’Artemisia o l’Erigeron, la falsa margherita. Sono piccole azioni che possono limitarne la diffusione”. Indicazioni dettagliate su come combattere le neofite, come la diffusissima palma di Fortune, sono presenti sul sito stesso di Pro Natura o su quello del Cantone.
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Obiettivo ultimo di questo contrasto è la difesa della biodiversità. “Un ecosistema per funzionare bene ha bisogno di diversità a tutti i livelli per garantire una serie di servizi fondamentali anche a noi: come acqua potabile, suolo fertile, riscrescita di materie prime e generi alimentari. La biodiversità non è il fattore estetico di un ambiente, ma il motore del suo buon funzionamento e della sua resilienza", conclude la direttrice di Pro Natura.