i massacri degli armeni iniziati nel 1915 hanno incrinato più di una volta le relazioni tra la Confederazione e la Turchia. Tant’è che Berna è in attesa del parere definitivo della Grande Camera di Strasburgo che deve pronunciarsi sul caso “Svizzera contro Perinçek”.
Il caso Perinçek
Di fatto Berna deve difendere la sentenza inflitta nel 2007 al negazionista e nazionalista turco Dogu Perincek da un tribunale vodese per discriminazione razziale sulla base della norma penale anti-razzismo (art. 261 bis del codice penale). Sentenza per la quale Strasburgo aveva in prima istanza assolto l’imputato e condannato la Confederazione per violazione della libera espressione.
Perincek, poco prima dell’apertura del processo nel 2007 per aver definito una “menzogna internazionale il genocidio armeno”, era partito alla volta della Svizzera con chiari intenti provocatori, come da lui stesso dichiarato (ascolta l’audio). La domanda di fondo, però, persiste sin da quando l’articolo 261bis fu concepito: fin dove si può limitare la libertà di espressione di un individuo?
dal Radiogiornale del 6 marzo 2007
La corrispondenza da Istanbul
RSI Info 22.04.2015, 00:22
Contenuto audio
Ankara, marzo 2007, Christoph Blocher al Mausoleo di Mustafa Kemal Atatürk
"Mi fa venire il mal di pancia"
Christoph Blocher, ex ministro della giustizia elvetico, in visita ad Ankara nel 2006, proprio davanti al suo omologo turco e alla stampa dei due paesi, aveva espresso tutta la sua contrarietà alla norma in vigore in Svizzera, anche se a livello personale. “Mi fa venire il mal di pancia”, aveva detto, auspicando che venisse cambiata presto. E invece, dopo 20 anni esatti, è arrivata intatta al 2015. La decisione della Grande Camera di Strasburgo sarà quindi fondamentale non solo per l’ordinamento giuridico elvetico, ma anche per le relazioni che Berna intrattiene con Ankara.
Dal radiogiornale del 7 ottobre 2006
La corrispondenza da Ankara
RSI Info 22.04.2015, 00:37
Contenuto audio
In passato lo sterminio degli armeni, o almeno il suo riconoscimento quale “genocidio”, aveva costretto la diplomazia elvetica a sforzi fuori dal comune per ricucire gli strappi con la Turchia.
Il riconoscimento del genocidio armeno in Svizzera
Ci avevano pensato dapprima i Gran Consigli di Vaud e Ginevra, a cui si era aggiunto anche il Consiglio di Stato della città di Calvino.
Poi, contro l’avviso del Consiglio federale, nel 2003 il Consiglio nazionale approva un postulato, dopo un dibattito intenso, dell’ex consigliere nazionale democratico cristiano ginevrino Jean-Claude Vaudroz. La camera bassa elvetica riconosce il genocidio armeno. L’allora ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey fa notare come la decisione avrebbe rafforzato l’attitudine negativa di Ankara nei confronti della Confederazione. E così fu.
I protocolli di Zurigo
Il certosino lavoro diplomatico svolto dietro alle quinte proprio da Calmy-Rey porterà quindi alle trattative per la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia, sfociate nella firma, nel 2009, dei Protocolli di Zurigo tra la Repubblica armena e quella turca.
Istanbul, 6 aprile 2009 - Micheline Calmy-Rey con Barack Obama, e i rappresentanti della diplomazia turca e armena
E questo grazie alla posizione assunta da Berna, perfettamente in sintonia con quell’imparzialità tipicamente elvetica: decidere se fu genocidio è compito degli storici, non della politica.
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