La scuola ticinese è ad un bivio. Da una parte c'è l’iniziativa popolare "Rafforziamo la scuola media - Per il futuro dei nostri giovani", dall'altra il progetto presentato recentemente da Manuele Bertoli chiamato "La scuola che verrà".
Gli iniziativisti intendono migliorare l’organizzazione della scuola media, per disporre di un’istituzione di qualità, adattata alla società che diventa sempre più eterogenea e complessa, e in grado di garantire un futuro alle nuove generazioni. Nello specifico, essi chiedono classi meno affollate e maggior sostegno agli allievi così da permettere loro di raggiungere gli obiettivi formativi al termine della scuola dell’obbligo.
Nel contempo, viene chiesta la generalizzazione di mense e doposcuola nelle scuole medie di tutto il Cantone per rispondere ai bisogni delle famiglie.
L’iniziativa intende raggiungere gli obiettivi dichiarati con una serie di modifiche della Legge sulla scuola media del 21 ottobre 1974 che toccano molteplici aspetti, tra i quali la collaborazione fra Cantone e Comuni nell’organizzazione e nel finanziamento della scuola media, il potenziamento dei servizi di orientamento, di sostegno pedagogico e della figura del docente di classe, così come la riorganizzazione territoriale degli istituti e l’abbassamento del numero massimo di allievi ospitati dalle sedi di scuola media.
Governo e Parlamento invitano a votare "no"
Il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) sta elaborando un progetto di riforma della scuola dell’obbligo, chiamata appunto "La scuola che verrà", che già si sta occupando di buona parte delle tematiche affrontate dall’iniziativa: l’introduzione della differenziazione pedagogica, della collaborazione tra docenti, il potenziamento del ruolo del docente di classe, alcuni aspetti dell’architettura scolastica.
Il progetto di riforma si trova in uno stadio avanzato di elaborazione e, rispetto all’iniziativa, propone di intervenire sull’insieme della scuola dell’obbligo, nell’intento di migliorare la qualità dell’insegnamento e le condizioni di lavoro degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola elementare e della scuola media. Se l’iniziativa venisse accettata, questo processo di riforma e di adattamento della scuola dell’obbligo alle nuove esigenze educative, culturali e socio-economiche verrebbe in parte compromesso, a scapito soprattutto dei settori dell’educazione primaria. Per queste ragioni, raccomandano di votare "no".
redMM
Dal Quotidiano