"Sarà vero?" C'è agitazione nel palazzo di Adlershof, la sede della televisione dove per anni si è fabbricata la propaganda del regime. Sono le sette di sera. L'ora in cui si inviano i servizi montati per i telegiornali. Chi riesce a prendere la linea telefonica, chiama le redazioni.
C'è agitazione perché abbiamo appena ascoltato in tv le parole di Günther Schabowski, vecchio volpone e nuovo portavoce del partito comunista che recita, svogliato, le decisioni del regime. Ad un tratto, il giornalista italiano Riccardo Ehrman chiede a Schabowski di fornire qualche dettaglio sulla nuova legge sui viaggi. Il portavoce del regime abbassa gli occhi e legge un foglietto: "mi è appena stato comunicato che il governo ha deciso che le autorizzazioni per i viaggi all'estero possono essere richieste da ogni cittadino. I permessi verranno rilasciati in breve tempo e potranno essere utilizzati ad ogni posto di frontiera con la Germania federale e a Berlino est".
Si ricordano anche John Kennedy e la sua visita del 1963
Alla domanda su quando entrerà in vigore il provvedimento, Schabowski esita e poi risponde "per quanto ne so, da subito".
Nel corridoio di Adlershof, il poliziotto di guardia è assorto. Non vede l'ora che finisca il suo turno. Prima di andarcene gli chiedo che ne pensa di quello che ha detto Schabowski e lui, alzando le spalle, replica "se ne dicono di cose". È convinto che ci ritroveremo domani, stessa ora e stesso posto, e nulla sarà cambiato.
Torniamo verso il centro di Berlino est chiedendoci che cosa succederà adesso. Basta poco per capire che qualcosa sta già succedendo. Per strada c'è un'insolita agitazione. Trabant incolonnate, tanta gente che cammina tutta nella stessa direzione, verso i posti di frontiera con Berlino ovest. Hanno ascoltato Schabowski e, per una volta, hanno creduto alle parole del regime. Ci mescoliamo fra la gente. Gira voce che stasera non succederà nulla e che solo da domattina sarà possibile ricevere il visto per andare di là. Nessuno però torna a casa. Non si sa mai.
Da 25 anni il Muro non è più una barriera ma un simbolo
C'è sempre più gente. C'è chi discute con i poliziotti. Passiamo da un posto di frontiera all'altro. Alla porta di Brandeburgo c'è già chi, dall'ovest, è salito in piedi sul muro e dall'alto guarda i soldati della DDR armati ma disorientati. Non hanno ricevuto ordini. Al passaggio di Bornholmerstrasse, verso le dieci e mezza della sera, i poliziotti messi sotto pressione dalla folla aprono qualche varco, prima per i pedoni, poi anche per le automobili.
I primi passaggi ad ovest delle Trabant
La gente si mette a correre verso ovest. Piange, ride, brinda, non sente il freddo pungente. La libertà, almeno in quelle ore, non ha bisogno di passaporti, di visti da stampare su un documento. A migliaia scivolano dall'altra parte, in una Berlino che non conoscono. Si perdono a Kreuzberg, arrivano sul Kurfürstendamm, il vialone dei negozi che hanno visto solo in tv.
Questa notte nessuno si sente solo. "Sì, è tutto vero!".
Reto Ceschi
Il ricordo dell'8 novembre 1989: Le ultime ore della DDR