Se per l‘Ucraina la svolta difensiva è arrivata all‘inizio di dicembre, con il presidente Volodymyr Zelensky che ha dichiarato che il conflitto è entrato appunto in una nuova fase, dove la priorità al momento, almeno, è quella di difendere il proprio territorio, per la Russia la strategia rimane invariata ed è quella dell’avanzata nel Donbass, del mantenimento delle posizioni sul fronte meridionale e della continua pressione tramite i bombardamenti dal cielo sull’intero paese. Per Mosca la guerra va avanti, con il lento ritmo che ha preso già dallo scorso anno. Dopo il fallimento del Blitzkrieg tra la fine di febbraio e marzo 2022, la prima fase o piano A che dir si voglia, e dopo quello dei primi tentativi di negoziati a Istanbul, la Russia ha iniziato ad aprile dello scorso anno quella che ha definito seconda fase, il piano B, che consiste appunto nel cercare di logorare l’Ucraina impegnandola in una guerra di attrito dai tempi lunghi, facendo conto sulle proprie maggiori riserve e sui dubbi degli alleati occidentali, Stati Uniti, NATO e Unione Europea, di voler e poter condurre un conflitto pluriennale a fianco di Kiev.
L’avanzata nel Donbass e lo stallo a Kherson
Dopo 650 giorni di guerra e le sconfitte dello scorso anno, con gli arretramenti a sud di Kiev a settembre e l’abbandono di Kherson a novembre, dopo che il capoluogo dell’omonima regione era già stato ufficialmente annesso alla Russia con tanto di cerimonia in pompa magna al Cremlino, Mosca ha mantenuto sostanzialmente le posizioni sulla riva sinistra del Dnipro; negli oblast di Zaporizhzhia e Kherson ha respinto la controffensiva ucraina, che secondo il comandante delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, è avanzata al massimo di 17 km, bloccandosi però all’altezza della prima linea di difesa russa a Robotnye e stabilendo una piccola testa di ponte oltre il Dnipro, sotto il fuoco costante dei russi. Le tre linee difensive russe, ideate del generale Sergei Surovikin, si sono dimostrate pressoché impenetrabili e le truppe del Cremlino al sud hanno retto i tentativi di sfondamento ucraini. Nel Donbass invece hanno mantenuto sempre l’iniziativa durante tutto l’anno e dopo le battaglie vincenti a Soledar, Lisychansk e Bakhmut, sono impegnate nell’assedio di Avdviivka.
Il duello di Avdiivka
Qui la battaglia è cominciata già nel febbraio del 2022, con l’inizio dell’invasione russa. La cittadina, che prima della guerra contava poco più di 30’000 abitanti, oggi praticamente deserta, si trova una decina di km a nord di Donetsk; già nel primo conflitto nel 2014 era sulla linea del fronte. È sempre stata sotto controllo ucraino, una delle roccaforti lungo la cintura che separa il Donbass occupato dai russi da quello ucraino. Come a Bakhmut, poco più a nord, qui si sono sempre combattuti gli scontri più duri, con enormi perdite da entrambe le parti, Non ci sono cifre precise, ma si parla di migliaia di soldati, caduti in una battaglia tipica di una guerra di posizione, come nei conflitti mondiali del secolo scorso. L’inverno in arrivo, la neve, le temperature sotto lo zero, rendono il duello di Avdiivka ancora più simbolico, sia per chi si difende, che per chi tenta di guadagnare terreno. Volgograd dista da qui circa 400 km. I russi in questa fase sembrano essere in vantaggio, ma come si è visto nel recente passato, potrebbero volerci mesi per avere aver davvero il controllo della città. È una battaglia strategica, la cui vittoria potrebbe aprire la strada verso i centri maggiori come Slovianks e Kramatorsk, ma anche simbolica: in vista delle elezioni presidenziali previste a marzo, un successo nel Donbass sarebbe un buon viatico per Vladimir Putin.
Cosa vuole Putin?
Per il Cremlino il momento appare favorevole e gli obbiettivi, seppur flessibili, non sono cambiati. Resta però da vedere quale sarà la strada che vorrà davvero percorrere Putin nei prossimi mesi: la guerra non è certo vinta, anche se la Russia rimane in netta posizione di vantaggio, cosa che la favorirebbe in eventuali negoziati. Ma al momento nessuno sembra volere compromessi. Da una parte Kiev, che ha sempre detto di voler trattare solo dopo che i russi saranno usciti da Donbass e Crimea, è in una situazione difficile che spera però di poter ancora ribaltare con l’aiuto dell’Occidente; dall’altra a Mosca, dove i moderati potrebbero sedersi anche al tavolo partendo dallo status quo e dai territori già annessi, il partito della guerra vorrebbe invece sfruttare la debolezza dell’avversario e la stanchezza degli alleati per proseguire il conflitto oltre il Donbass e nordest e verso Odessa a sud. La riduzione fisiologica delle operazioni militari durante l’inverno servirà anche a riflettere, a Mosca come a Kiev, su quella che sarà la rispettiva strategia, almeno per il prossimo anno.
RG 12.30 del 28.11.2023 La corrispondenza di Stefano Grazioli
RSI Info 28.11.2023, 09:20