Il reportage

Ucraina, tutti i segreti delle armi russe

A Kiev esiste un istituto che si occupa di studiare tutti i frammenti rinvenuti sul terreno; catalogare droni, missili, ordigni serve per capire meglio il nemico e denunciare eventuali violazioni

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Ucraina, dentro le armi russe

RSI Info 22.11.2024, 06:16

  • Vincenzo Leone
Di: Vincenzo Leone 

Poggiato sul tavolo con il motore smontato, i cavi che penzolano e l’ala sinistra spezzata. “Sono i resti di un UAV Shahed-136 di fabbricazione russa”. Andriy Kulchytskyi ha appena aperto il portone del laboratorio di ricerca militare che dirige e il drone è lì di fianco. “Questi componenti sono stati prodotti in Russia utilizzando materiali e componenti russi”, spiega. Poi indica le lettere che contrassegnano il drone e tutti gli altri componenti. Da anni studia al microscopio tutti i segreti delle armi che Mosca usa contro Kiev. Quando un drone, un missile o un colpo d’artiglieria lanciato dalla Russia cade in territorio ucraino quello che resta viene portato qui, al Kyiv Scientific Research Institute of Forensic Expertise. Per essere smontato e analizzato, bullone per bullone. Circuito per circuito. “Prendiamo tutti i frammenti delle bombe, e capiamo da dove vengono, cosa c’è dentro”, racconta dal suo ufficio Oleksandr Ruvin, il direttore dell’istituto che ha sede a Kiev.

“Qui lavorano più di 400 persone”, racconta il direttore Ruvin. “Conduciamo perizie in 97 ambiti e siamo gli unici ad avere un dipartimento militare che analizza direttamente le azioni dei comandanti e dei capi delle forze armate della Federazione Russa”, precisa. Si lavora in istituto, in laboratorio e non solo. “I nostri esperti vanno sul posto” subito dopo un bombardamento, spiega il direttore Ruvin. Tutto poi viene portato qui e arriva in laboratorio. Un’area ad accesso limitato e dove ad ogni angolo ci sono pezzi di artiglieria, razzi, missili interi o deformati. Ovunque sacchi pieni di componenti che arrivano da tutta l’Ucraina, da esaminare uno ad uno. C’è la testata di un missile cruise Kh-55, c’è un missile a lungo raggio R-3. C’è la testata di un missile russo Kinzal con un buco. È il foro provocato dal missile intercettore Patriot che lo ha buttato giù, spiegano. Fuori da uno dei container in cui si snoda il laboratorio uno dei tecnici ricompone per terra i resti di una parte di un razzo o missile. “Non sappiamo ancora cos’è”, raccontano aggiungendo sia stato trovato di recente sul luogo di un attacco dove un’esplosione ha sfondato il tetto di una casa.

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Tutto viene catalogato

  • Vincenzo Leone
Ogni frammento viene analizzato

L’istituto ha 111 anni, è parte del Ministero della Giustizia ucraino e gli esperti lavorano qui su ogni frammento che riescono a recuperare dopo un attacco russo. A febbraio scorso un palazzo residenziale di Kiev è stato sventrato da un missile. Si è scoperto nel giro di pochi giorni si trattasse di un missile ipersonico Zircon – uno dei più avanzati negli arsenali russi – e l’annuncio è stato fatto dagli esperti di questo istituto. “I segni sulle parti e sui frammenti, l’identificazione dei componenti e delle parti e delle caratteristiche del tipo di arma in questione” sono di uno Zircon, recita il comunicato dell’istituto. Era la prima volta dall’inizio della invasione su larga scala che un missile così avanzato venisse impiegato dalla Russia, per di più contro un palazzo residenziale abitato da civili.

I resti del missile Kh-69

La classificazione e catalogazione dell’impiego di nuove armi rientra nelle attività quotidiane dell’istituto. La Russia alterna l’utilizzo di droni, missili balistici, colpi di artiglieria e vecchi ordigni sovietici riadattati – come le KAB da centinaia di chili di esplosivo – a ordigni mai impiegati prima in scenari reali. Utilizzando l’Ucraina come una sorta di poligono di tiro, modificando e adattando le armi per renderle ancora più letali. “Dal punto di vista della ricerca, la cosa più interessante per noi nell’ultimo mese è il missile che i russi hanno usato contro l’Ucraina e che è stato abbattuto nella regione di Kiev”, racconta il direttore del laboratorio indicando quel che resta dell’arma. “I resti si trovano laggiù”, indica con lo sguardo e con la mano un missile Kh-69. “Questo è il primo utilizzo di un missile di questo tipo. I missili precedenti non avevano un sistema di guida e componenti di questo tipo”, prosegue il direttore. Il missile è stato abbattuto il 19 ottobre scorso. “Hanno abbattuto un missile simile Kh-69 con una testata a grappolo la settimana scorsa. Prima di allora, non c’erano esempi di utilizzo del missile in questa configurazione”, conclude il direttore del laboratorio.

Scomporre le parti, per capirne la provenienza

Una delle attività cruciali è quella di scoprire e tracciare componenti occidentali nei sistemi di navigazione dei missili, o nei pezzi che fanno girare il motore di un elicottero a pilotaggio remoto con cui la Russia attacca Kiev. “Proviamo a identificare in che fabbrica sono stati realizzati, quali marchi ci sono dentro e perché hanno deciso di usarli e chi gliel’ha dati”, racconta il direttore dell’istituto.

In laboratorio ogni chip che è stato smontato dal circuito di un missile o di un drone ha una targa che identifica azienda e Paese. Su una mensola c’è quello che resta di un “Kartograph”, un drone utilizzato dai servizi segreti russi per operazioni di spionaggio. Ha 12 ottiche fotografiche per mappare gli obiettivi da colpire con foto e video. Il sistema dentro ha componenti della Sony, prodotte quindi in Giappone. In laboratorio ci sono targhette di aziende con sede a Taiwan, in Corea del Sud, ma anche nei Paesi Bassi, e diverse aziende tra California e Texas. “Ci sono tante componenti fatte in Europa e Stati Uniti”, raccontano. Sulla parete entrando c’è una sorta di cartina, con appese le piastre dove sono saldati i chip che fanno funzionare i missili russi, dai tornado ai Kalibr. Sulla parete di fronte, è stato montato il sistema di funzionamento di un drone Shahed, fabbricazione iraniana. Dai circuiti alla batteria, tutto è stato risaldato e montato, persino si accende simulando il funzionamento che permette di far volare una delle armi più letali degli ultimi anni, che ha cambiato la quotidianità di milioni di persone che vivono in Ucraina. Più di 7’000 quelli lanciati da inizio anno. “È una delle tecnologie più moderne”, racconta uno degli esperti che lavora qui tutti i giorni.

“Crimini contro l’Ucraina”

Con la Russia “abbiamo un’esperienza decennale”, spiega il direttore. “Perché l’aggressione militare va avanti da più di 10 anni”, precisa. Un’esperienza che viene poi incanalata su due direzioni. La cooperazione con la difesa e con le forze armate è costante, conferma il direttore. “Possiamo fornire un’assistenza adeguata, in primo luogo, alle nostre forze armate nello sviluppo di diverse attrezzature e sistemi di difesa aerea”, racconta. E poi per le indagini sui crimini di guerra. L’istituto infatti fornisce consulenza e assistenza “alla Corte Penale Internazionale e alle nostre indagini preliminari per la creazione di una base probatoria per indagare sui crimini legati all’aggressione armata della Russia”. Il lavoro del direttore – e del suo staff è senza sosta. Le perizie completate dal 2014 a oggi sono più di 40’000. Arrivano alla Corte Penale con una dicitura scritta sopra, spiegano. “Zlochyny proty Ukrayiny”. Crimini contro l’Ucraina.

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L'analisi di Andrew Spannaus

Telegiornale 20.11.2024, 20:00

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