L'accesso al mercato europeo - di cui la politica dibatte in questi giorni - è un tema particolarmente sentito per alcune aziende elvetiche. È il caso della Bürki di Widnau (San Gallo), che produce apparecchi di precisione per l'oftalmologia utilizzati nelle sale operatorie di tutta Europa.
“Il marchio d'omologazione CE è valido in tutta Europa e ci dà accesso automatico al mercato. Ma cosa succederà se questa garanzia dovesse cadere?", domanda Gianni Müller, direttore dell'azienda. "Dalla mia finestra vedo il ponte sul Reno. Potrei spostare la mia azienda oltre il confine, vendere o chiudere. Dovesse succedere, non avremmo alternative".
Fino ad ora, l’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità tecnica ha garantito l’accesso al mercato continentale. Ma ora l’Unione Europea vuole aggiornare le regole, e senza accordo quadro, la Svizzera rimarrà fuori.
Per questo motivo, c'è chi chiede a gran voce di trovare una soluzione al più presto. "Noi interpretiamo questo passo come il capolinea della via bilaterale non solo per l’industria della tecnica medica. È come con il computer: se non si fa l’aggiornamento del sistema, uno dopo l’altro, i singoli programmi non funzionano più", afferma Peter Biedermann, direttore di Swiss MedTech.
Più ottimista, invece, il direttore dell'Unione svizzera di arti e mestieri, Hans-Ulrich Biegler, secondo il quale "Bruxelles mostra i muscoli, ma noi non dobbiamo farci impressionare. Sulla bilancia possiamo mettere il nostro peso economico, gli assi di transito e i contributi di coesione".