Trema il mondo dei cryptoasset. La piattaforma americana FTX non riesce a far fronte alla pioggia di richieste di fondi dei suoi clienti e fa ricorso alla bancarotta assistita, sgretolando in poche ore la sua promettente ascesa e gettando l'intero settore nel baratro. La notizia ha colpito l'universo delle criptovalute martedì notte, innescando una poderosa serie di vendite. Bitcoin, il token convenzionalmente utilizzato come indice del settore, ha registrato una perdita superiore al 20% in due giorni di sedute, sfondando i minimi di periodo e gravitando attualmente attorno ai 16'500 dollari.
Ma cos'è FTX e perché il suo crollo ha spaventato così ferocemente il mercato degli asset digitali? Si tratta di una piattaforma digitale fondata nel maggio del 2019 da Samuel Bankman-Fried: un cosiddetto exchange, dove è possibile comprare e vendere criptovalute. Assieme ai servizi di compravendita, gli exchange sono soliti offrire ai loro clienti dei wallet digitali, cioè il surrogato virtuale del portafoglio, nel quale l'utente può detenere e conservare le valute acquistate. In tal senso, l'exchange si profila come una sorta di banca, dove l'utenza può acquistare, mantenere e gestire i suoi asset.
Galeotto fu il rapporto
I problemi sono sorti a inizio novembre quando Coindesk, sito USA specializzato nelle criptovalute, pubblicava dei documenti sul bilancio di Alameda Research, società fondata anch'essa dal già citato Bankman-Fried. A differenza di FTX, Alameda Research si poneva sul mercato come una società di trading e non come rivenditore di criptovalute: offriva sostanzialmente servizi diversi. Il punto di contatto tra le due società coincideva con il bilancio finanziario di quest'ultima. Il rapporto citato da Coindesk mostrava infatti come il bilancio di Alameda fosse pieno di FTT, criptovaluta nativa di FTX. In soldoni, buona parte del bilancio di Alameda si fondava su un token generato dalla società sorella ed emesso (a piacimento) dalla stessa.
La rivelazione ha messo sul chi vive un altro colosso del settore, l'exchange cinese Binance. Quest'ultimo, il più grande rivenditore di criptovalute al mondo, deteneva abbondanti quantità della sopracitata criptomoneta FTT. Temendo che, nel prossimo futuro, FTX sarebbe risultata insolvente, Binance ha deciso di scaricare rapidamente gli FTT in suo possesso, scatenando il panico tra gli investitori. La mossa del gigante cinese infatti anticipa quella di svariate migliaia di clienti che, presi dalla paura, hanno inoltrato a FTX una pioggia di richieste per riavere indietro i propri fondi.
Alle prese con una crisi di liquidità senza precedenti, con un buco da otto miliardi di dollari e dopo svariati e vani tentativi di salvataggio da parte di altre piattaforme - tra le quali la stessa Binance, che successivamente ha ritrattato -, Bankman-Fried è stato così costretto a gettare la spugna e avviare, venerdì 11 novembre, FTX al Chapter 11, la principale norma fallimentare dello United States Code degli Stati Uniti.
Un anno burrascoso per le valute digitali
Il caso FTX si aggiunge agli altri tristi scandali che hanno scosso il mondo digitale quest'anno. Prima è stata la volta della criptomoneta Terraluna, precipitata in una notte da 80 dollari a poche svariate migliaia di centesimi. Poi è toccato a Celsius, società di prestiti specializzata in valute digitali, che ha dichiarato bancarotta il luglio scorso.
Nonostante ciò è improbabile che i problemi di FTX e altre potenziali debolezze del settore abbiano un impatto materiale sui mercati finanziari tradizionali o sull'economia globale, rassicura la società di consulenza S&P Global Ratings.
L'analisi dell'esperto
"È una notizia che preoccupa" esordisce Ferdinando Ametrano, CEO CheckSig e docente Università Milano-Bicocca, commentando l'evento ai microfoni della RSI. Si teme "che il fondo non sia ancora stato toccato e lasci il mercato (degli asset digitali, ndr) in un nervosismo notevole e a rischio di un ulteriore crollo delle quotazioni generalizzato", continua l'esperto.
Dopo questa ennesima bolla, l'ecosistema ha bisogno di ricostruirsi una propria "reputazione", precisa Ametrano, suggerendo come "oggi nel mondo cripto sia importante affidarsi ad operatori i quali facciano un punto di onore nel non-impiegare i beni dei propri clienti". In tal senso "sarà anche il caso che i regolatori s'interroghino", oltrepassando "l'ostracismo" che da anni imperversa su questo universo. "Se non ci sono i presidi adeguati" si lascierà infatti sempre spazio a "ciarlatani, truffatori o imprenditori estremamente velleitari", conclude l'esperto.