Maurizio De Lucia ha coordinato le indagini che il 16 gennaio hanno portato all’arresto, dopo trent’anni di ricerche, del boss Matteo Messina Denaro. Il procuratore di Palermo era ospite domenica all’Endorfine Festival di Lugano. La RSI lo ha intervistato per parlare dell’ex superlatitante, dei suoi legami con la Svizzera e della presenza (anche nel nostro Paese) della mafia siciliana.
https://www.rsi.ch/s/1808587
All’arresto di Matteo Messina Denaro “ci siamo arrivati attraverso il rinvenimento di documentazione nascosta a casa della sorella. Un elemento di fortuna in un’indagine in cui la fortuna c’entra poco”, ha spiegato De Lucia. “Uomini del ROS dei carabinieri stavano collocando microspie all’interno dell’abitazione. In particolare volevano collocarne una nel piede cavo di una sedia”.
“Un buon nascondiglio”, prosegue De Lucia, “tant’è che all’interno c’era già della documentazione conservata dalla sorella, che è stata fotografata ed è servita come base da cui partire permettendoci di capire quale tipo di malattia avesse l’allora latitante, come e dove era stato curato. Da lì una serie di indagini tutte da remoto, attraverso i sistemi informatici del Ministero della Salute prima, e poi hackerando il sistema informatico della clinica dove si curava. Questo ci ha consentito prima di identificare la falsa identità che usava e poi di capire il momento e il luogo in cui si sarebbe recato nella clinica. E di catturarlo”.
L’intervista integrale nel servizio del Quotidiano in testa all’articolo.