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“Israele risponderà con la stessa intensità”

“L’attacco missilistico iraniano ha cambiato il paradigma rispetto ad aprile”, secondo l’esperto Nicola Pedde

  • 2 ottobre, 14:49
  • 2 ottobre, 16:19
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RG 12.30 del 02.10.2024 L’analisi di Nicola Pedde

RSI Info 02.10.2024, 14:39

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Di: RG/pon 

Israele ha minacciato una pesante rappresaglia all’attacco missilistico iraniano di martedì sera. “Credo che la minaccia di una ritorsione contro l’Iran sia concreta, anche perché l’attacco di ieri sferrato dall’Iran ha cambiato il paradigma dello scontro che sino adesso aveva caratterizzato il confronto tra i due Paesi”, ha affermato al Radiogiornale della RSI Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, un centro di ricerca specializzato nel Medio Oriente. “Non c’è stato un preavviso, sono stati utilizzati i missili balistici e ipersonici, è stata colpita la capitale di Israele (Teheran dice di aver mirato alla sede del Mossad, oltre che ad alcune basi aeree, ndr) e questo ha mutato lo scenario rispetto allo scorso aprile”, secondo Pedde.

“In questo contesto credo che per Israele sia a questo punto evidente l’opzione di dover rispondere agli attacchi iraniani e presumibilmente farlo con la stessa intensità e soprattutto con lo stesso tipo di obiettivi. Quindi colpire la capitale, colpire i centri di produzione del sistema dell’industria nucleare iraniana, e potenzialmente innescare un’escalation che potrebbe determinare poi un’espansione ulteriore del conflitto. Credo che Israele abbia chiaramente manifestato la propria intenzione di voler colpire quella che considera la radice del problema dell’insicurezza regionale, cioè il regime di Teheran”, ha detto l’esperto. “Anche il discorso alla nazione iraniana che ha fatto il primo ministro Benjamin Netanyahu pochi giorni fa è un chiaro indicatore di come Israele intenda risolvere il problema”.

L’obiettivo di Israele, secondo lei, quindi, può arrivare fino al cambio di regime a Teheran?             

“In termini di aspettativa sì. L’idea generale è proprio quella cioè di risolvere una volta per tutte il problema della Repubblica islamica e quindi la minaccia che porta a Israele e alla regione, cercando di portare la dimensione del conflitto direttamente oltre i confini della Repubblica islamica. Il problema è che per fare questo ritengo che Israele cerchi di coinvolgere anche altri attori. Ha più volte fatto appello alla comunità internazionale perché sostenesse Israele in questa direzione. Chiaramente il principale obiettivo sarebbe quello di coinvolgere gli Stati Uniti, che in questo momento, tuttavia, non sembrano essere in alcun modo interessati a dover gestire e subire un conflitto di queste dimensioni con l’Iran nella regione, soprattutto a cinque settimane dalle elezioni presidenziali”.                

L’appello di Netanyahu di un paio di giorni fa al - citiamo - nobile popolo persiano a sollevarsi contro quella ha definito una tirannia: le divisioni interne iraniane che conosciamo, tra moderati e oltranzisti, possono in qualche modo contribuire a questo progetto?      

“Sicuramente è presente all’interno del Paese una vasta sfera di dissenso verso le istituzioni. Lo abbiamo visto in occasione anche delle ultime ondate di proteste, quelle di un anno e mezzo fa che sono seguite alla morte di Mahsa Amini. La conseguenza più immediata che vediamo in questo momento è però un rafforzamento dell’ala più radicale del sistema politico. Di fatto questo attacco ha in un certo qual modo annullato le prospettive del Governo a guida riformista e ha portato invece nel campo degli ultraconservatori la capacità decisionale sulla politica strategica. Il primo effetto quindi è stato quello secondo me di un rafforzamento della componente che paradossalmente è uscita sconfitta dalle ultime elezioni. C’è poi il fattore del nazionalismo. Quando l’Iran è stato attaccato, solitamente è riuscito a creare un forte sentimento di identità nazionale che potrebbe diventare una variabile pericolosa nella gestione anche di una escalation militare”.

“Indubbiamente il dibattito politico all’interno della Repubblica Islamica è stato portato ad un livello a mio avviso estremamente pericoloso, anche perché, come abbiamo visto, nel corso delle ultime ore sono tornati ad affacciarsi in via non ufficiale da parte del Governo, ma da parte di alcuni esponenti delle componenti più radicali, i ricorsi ad una revisione del modello strategico iraniano, il che significa avere una credibilità in termini di deterrenza e quindi una militarizzazione del programma nucleare. Questo è un aspetto molto pericoloso perché potrebbe aprire una fronda nella politica fuori controllo, nell’abbandono di qualsiasi impegno nel non sviluppare armi nucleari”.             

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