La Corte suprema degli Stati Uniti, a forte maggioranza conservatrice dopo le nomine avvenute durante il mandato presidenziale di Donald Trump, non sospende la legge sull'aborto del Texas ma autorizza i ricorsi contro di essa ai tribunali federali.
La decisione formulata oggi, venerdì, è un compromesso degno di Ponzio Pilato che fa felici gli oppositori dell'interruzione di gravidanza ma allo stesso tempo lascia aperte le porte anche ai sostenitori di questo diritto, fiduciosi di poter bloccare grazie all'intervento di un giudice quella che di fatto è la norma più severa in materia di tutti gli Stati Uniti. Essa vieta infatti l'aborto, anche in caso di stupro o incesto, da quando il battito del cuore dell'embrione è percepibile, quindi già a partire dalla sesta settimana dal concepimento, quando molte donne (a maggior ragione nelle comunità disagiate) non sanno ancora di essere incinte.
Il giro di vite texano è in vigore da settembre e dà la possibilità ai cittadini di farla rispettare perseguendo civilmente anche le persone e organizzazioni che aiutano le donne a violarlo. Un dispositivo particolare, dietro al quale la Corte suprema si era finora trincerata, rifiutando di prendere posizione e meritandosi per questo anche le critiche del presidente Joe Biden.
Manifestanti antiabortisti a Washington quando in novembre la Corte aveva ascoltato le argomentazioni delle due parti
Alla fine, di fronte all'intensificarsi della battaglia legale sul tema, un intervento si è reso inevitabile. Solo il giudice conservatore Clarence Thomas non si è associato alla decisione di venerdì, che tratta solo di aspetti tecnici senza affrontare minimamente il nocciolo della questione.
Sullo sfondo, a meno di un anno dalle elezioni politiche di metà mandato, c'è ancora una volta il destino della storica sentenza "Roe contro Wade" del 1973 con cui l'Alta Corte legalizzò l'aborto in America. Una conquista per i diritti delle donne americane che aprì la strada anche a milioni e milioni di altre donne nel mondo. In passato i tribunali federali statunitensi hanno invalidato una decina di leggi su questo tema proprio facendo riferimento a quella sentenza, il cui principio è però ora fortemente contestato.
Una decina di giorni fa i nove giudici della Corte suprema, sei dei quali repubblicani, hanno cominciato a discutere la costituzionalità di una legge approvata nel 2018 dallo stato del Mississippi che vieta l’aborto oltre le 15 settimane. Quando si pronunceranno - verosimilmente nella primavera del 2022 - si chiarirà il loro orientamento e il futuro del diritto di aborto nel Paese.
Nel frattempo sono arrivate le prime reazioni del presidente a stelle e strisce, che si è detto "profondamente preoccupato" dalla decisione delle Corte Suprema.
Texas, la legge che vieta l'aborto resta in vigore
Telegiornale 10.12.2021, 21:00