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Attacco a Charlie Hebdo, “un incubo che continua”

Il vignettista svizzero-libanese Patrick Chappatte parla delle conseguenze per la professione, tra censura, autocensura e libertà d’espressione

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Dieci anni fa l'attentato a Charlie Hebdo

SEIDISERA 07.01.2025, 18:00

  • Keystone
Di: SEIDISERA/Savi/FCi 

“Mi sono svegliato in un incubo, un incubo che continua e che ha marcato quest’ultimo decennio”. È così che il vignettista svizzero-libanese Patrick Chappatte ricorda il 7 gennaio del 2015. “Mi hanno telefonato, sentivo una voce, era mia moglie che mi diceva: c’è stato un attentato a Charlie Hebdo. Cabu è morto, Tignus è morto...”.

All’epoca, spiega ai microfoni della RSI, Chappatte si trovava a Los Angeles e collaborava con l’università della South California. Dopo l’attacco, il dibattito su censura e libertà d’espressione è tornato in primo piano in tutto il mondo: “Ho percepito in modo drammatico la discrepanza che esisteva tra la Francia, con il suo dibattito sulla laicità, la libertà di espressione, il diritto alla blasfemia, e gli Stati Uniti insieme al resto del mondo, dove non si ragionava nello stesso modo. C’era una forte empatia ma anche una forte incomprensione nei confronti di disegni provocatori”.

“È qualcosa che è entrato nel nostro inconscio”

Un evento del genere ha segnato, in parte, il lavoro dei vignettisti: “È qualcosa che è entrato nel nostro inconscio. Non ci censuriamo più di quanto facessimo prima, ma la verità è che c’è un’ombra che incombe”. I cambiamenti, in ogni caso, ci sono comunque: “La concezione di censura si è modificata con il tempo, con l’evolversi della suscettibilità del nostro pubblico, con le campagne condotte dai social media per censurare delle battute che un gruppo sociale trova insultanti”.

Una censura che arriva sempre di più dal potere

Secondo Chappatte sono le costrizioni politiche quelle che avranno sempre più impatto. “La pressione che arriva dal potere fa sì che ci siano sempre più capi redattori che, sia perché sono fedeli al potere o perché lo temono, tendono ad autocensurarsi”.

Un esempio è una vicenda avvenuta al Washington Post, dove la disegnatrice Anne Telnaes ha deciso di dimettersi dopo che il giornale si è rifiutato di pubblicare una sua vignetta che illustrava, tra gli altri, Jeff Bezos, proprietario del giornale, che si inginocchiava davanti a Donald Trump. “Il Washington Post, che era un faro del giornalismo critico e delle vignette, già da alcuni mesi mostra i segni di sottomissione a Jeff Bezos”.

Il nostro inserto speciale per ricordare le stragi

Per ricordare quanto successe dieci anni fa, sul nostro sito www.rsi.ch è presente uno speciale gran formato digitale con ricostruzioni, racconti, testimonianze e tutte le immagini di allora. 

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Charlie Hebdo, 10 anni dopo

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