Il professor Tiziano Bonazzi è un americanista dell’Università di Bologna, dove ha insegnato storia e istituzioni dell’America del Nord. Nel suo ultimo libro, appena uscito da Il Mulino, La fata ignorante (che parte da un noto dipinto di Magritte, “la fata ignorante che ha un volto per metà luminoso e per metà oscuro) Bonazzi ripercorre le contraddizioni e i conflitti della società americana.
Il Professor Bonazzi, ritiene che Donald Trump abbia raccolto l’irritazione degli americani nei confronti delle politiche democratiche inneggianti a una cultura che proclamava inclusività e diversità e stia promuovendo il ritorno all’autoritarismo e al conservatorismo. Questa la sua analisi esposta nella rubrica di approfondimento Laser:
«La guerra alla teoria gender proclamata da Trump ci pone di fronte a un nuovo corso culturale.
Fin dagli anni del New Deal, il progressismo liberal ha inteso dare un’interpretazione dinamica della società americana, una società mai statica, aperta e in grado di incorporare i mutamenti storici. Una società, come hanno scritto in tanti, che non è mai un punto di arrivo, ma un punto di partenza, un punto da cui muovere per andare sempre più avanti. Che questo approccio si sia rivelato molto spesso deficiente, è vero, ma il principio di una società che non respinge ma fa propri i mutamenti della storia ha costituito il cuore del liberalismo americano. Ora però, a partire dagli anni 80 del Novecento, sorse a contrastarlo un neoconservatorismo impegnato a imporre una visione non storicamente mutevole, ma certa e assoluta dei valori americani e del significato del termine libertà che la costituisce. Sono così nate le guerre culturali che hanno punteggiato gli ultimi decenni della storia americana.
Uno dei punti cardine del conservatorismo MAGA, così come espresso nel famoso Project 2025 della Heritage Foundation, è di vincere una volta per tutte le guerre culturali, di annientare il progressismo e non farlo mai più risorgere e far tornare al Paese, alla cultura e alla morale degli anni 40 e 50, gli anni della grandezza americana a cui fondamento c’erano i valori veri dell’America, trasmessi, immutati e immutabili dai padri fondatori fin dalla fine del Settecento. I valori della libertà da vivere all’insegna della patria e della famiglia e di una fede cristiana salda, pur nella sua declinazione in decine e decine di chiese.
Questo un progetto trova appoggio non solo fra gli agricoltori tradizionalisti delle Grandi Pianure e fra gli operai che hanno perso il lavoro a causa della globalizzazione e della crisi economica degli ultimi anni, ma che trova appoggio fra tecnici e scienziati impegnati nei settori di punta della tecnologia e della finanza che guardano con fastidio a una democrazia, troppo impegnata in dispute che considerano inutili e dispendiose sia da un punto di vista finanziario, sia in quanto rallentano e inciampano lo sviluppo scientifico e tecnologico che è il loro mantra.
Non si tratta solo di una restaurazione autoritaria (da parte di Trump e del movimento MAGA). Un tentativo di questo tipo è certamente in atto, anche se è visto dai suoi protagonisti come una restaurazione della libertà contro il deterioramento morale provocato dai liberal. Ma non è tutto. C’è molto di più. C’è il tentativo di concludere vittoriosamente le guerre culturali, che pure è un obiettivo primario di Trump.
Io ho l’impressione infatti, che ci troviamo davanti ad assai di più di una restaurazione autoritaria, in quanto, come ormai accertato da tanti e come ha illustrato nel modo puntuale Massimo Cacciari, stiamo vivendo una rivoluzione epocale. Una rivoluzione che, guidata dalla scienza, dalla tecnologia, da immensi investimenti finanziari, sta rendendo obsoleti il vocabolario e le istituzioni politiche e istituzionali novecentesche. Una rivoluzione che temo porti alla distruzione dell’eredità dell’illuminismo, che è quella di una ragione creatrice di libertà universali per i singoli e le comunità. Questa libertà inattingibile, ma per la quale ci si può battere e si possono ottenere risultati parziali, è infatti in contrasto con la visione che stiamo vedendo sorgere in una società globale di tecnici, scienziati e miliardari che si incontrano e si parlano al di là delle barriere nazionali e che credono in un futuro tecnologico dalle immense possibilità, la cui guida e gestione sono appannaggio soltanto loro, alla grande maggioranza degli americani. Alla grande maggioranza delle altre popolazioni del mondo spetta invece vivere legata a valori immutabili che ne bloccano lo sviluppo, pur se le offrono benefici concreti. Una prospettiva che è razionalista, ma che è anche anti illuminista e che a mio avviso è ben di più di una semplice restaurazione autoritaria». (Tiziano Bonazzi, americanista dell’Università di Bologna)