Averi nazisti: “Credit Suisse non disse tutto”

Credit Suisse ha nascosto informazioni durante le indagini negli anni ‘90 sui conti bancari aperti da nazisti durante la seconda guerra mondiale. Lo afferma il rapporto preliminare di un’indagine condotta dalla commissione bilancio del Senato degli Stati Uniti.

“Decine di migliaia di documenti che sono stati pubblicati a seguito dell’indagine fornisconono nuove prove dell’esistenza di titolari di conti legati al nazismo che erano precedentemente sconosciuti o solo parzialmente noti”, si legge in una dichiarazione pubblicata sabato.

Le rivelazioni fanno seguito alle scoperte dell’ex procuratore Neil Barofsky, nominato ombudsman dell’istituto bancario nel 2021, licenziato nel 2022 e riassunto nel 2023, dopo la fusione con UBS. Secondo il Senato USA, Barovsky non si era piegato alle pressioni del management affinché limitasse le sue indagini. Il suo team aveva scoperto documenti che puntavano verso altri clienti con connessioni naziste, tra cui alti ufficiali delle SS.

In una lettera inviata alla commissione a metà dicembre e pubblicata oggi (sabato 4) Barovsky afferma che CS non ha sempre condiviso le informazioni.

In una prima reazione alle accuse, UBS afferma di essersi impegnata a contribuire alla stesura di un registro completo dei vecchi conti ex Credit Suisse legati al nazismo. e promette di fornire a Barofsky “tutto il supporto necessario in modo che possa continuare a far luce su questo tragico periodo storico”.

L’indagine della commissione non si è peraltro ancora conclusa. Nel 1998 le banche svizzere negli Stati Uniti avevano raggiunto un accordo sulla questione degli averi ebraici in giacenza non rivendicati, versando un contributo di 1,25 miliardi di dollari ai sopravvissuti all’Olocausto.