Borse griffate con prezzi da capogiro, ma chi le costruiva percepiva “salari” di due o tre euro, versati spesso in buona parte in nero, per molte ore di lavoro in capannoni fatiscenti della provincia milanese. I padroni dei laboratori cinesi, e cinesi gli operai, ma anche pakistani e altre nazionalità; diversi i immigrati irregolari.
Le indagini del nucleo tutela lavoro dei Carabinieri hanno portato il Tribunale di Milano a mettere in amministrazione giudiziaria la Giorgio Armani Operations Spa, società con oltre 1’200 dipendenti che si occupa di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori d’alta moda.
La società non è indagata e manterrà la piena operatività imprenditoriale, ma ai vertici aziendali sarà affiancato un amministratore giudiziario che dovrà assicurare la bonifica dei rapporti con i fornitori. Sono alcuni di questi, invece, a essere accusati di caporalato.
La GA Operations - si legge nell’ordinanza della sezione misure di prevenzione del tribunale - “non ha mai effettivamente controllato la catena produttiva” tanto che le società appaltatrici avrebbero a loro volta subappaltato a opifici abusivi di titolari cinesi. Il meccanismo di sfruttamento era agevolato “colposamente” perché non contrastato.
Un laboratorio clandestino poteva vendere all’intermediario fornitore una borsa finita a poco più di 90 euro, che poi arrivava in negozio col marchio Armani a 1800 euro. Per il Tribunale si tratta di un sistema “generalizzato e consolidato” che “si ripete, quantomeno dal 2017”. I pubblici ministeri, che hanno già indagato su importanti aziende nei settori della logistica e della vigilanza, parlano di “normalizzazione della devianza”.
A verbale risulta che un addetto al controllo qualità della società faceva mensilmente dei giri nei capannoni dormitorio. E la società appaltatrice non disponeva di siti produttivi, quindi è evidente che subappaltava. Uno dei proprietari cinesi ha fornito agli inquirenti un elenco di altri grandi nomi della moda per cui ha prodotto.
In una nota la GA operations scrive che “ha da sempre in atto misure di controllo e di prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura” e “collaborerà con la massima trasparenza.