Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP29) a Baku, i paesi sviluppati hanno aumentato a 300 miliardi di dollari l’anno la proposta di aiuti ai paesi in via di sviluppo, rispetto ai 250 miliardi annunciati in precedenza per far fronte alle spese climatiche più urgenti. Tuttavia, i rappresentanti dei paesi meno sviluppati (LDC) e delle piccole isole (SIDS) ritengono la cifra troppo bassa, chiedendo almeno il doppio per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico.
Una bozza di lavoro trapelata ha alimentato il disaccordo, portando i delegati di LDC e SIDS a uscire dai negoziati in segno di protesta. Evans Njewa, rappresentante del gruppo LDC, ha definito l’offerta “inaccettabile”. Le tensioni sono aggravate dalle accuse rivolte ai paesi ricchi, in particolare agli Stati Uniti, di non contribuire adeguatamente e di privilegiare i propri interessi.
I paesi in via di sviluppo chiedono inoltre almeno 1,3 trilioni (ovvero 1’300 miliardi) per affrontare nel lungo periodo emergenze climatiche come siccità e inondazioni, oltre che per la transizione energetica. Il rischio, secondo gli esperti, è che i paesi più vulnerabili siano costretti a cedere sotto la pressione del tempo e della fatica dei negoziati.
Nonostante le divisioni, alcuni paesi, come il Pakistan, mantengono una visione ottimistica, sperando che un accordo possa essere raggiunto nelle ultime ore di colloqui.
COP29 si discute ancora
Telegiornale 23.11.2024, 12:30