La Cina ha chiesto "in modo ufficiale agli Stati Uniti di interrompere immediatamente le provocazioni" nel Mar Cinese meridionale, mettendo pure in guardia che "altrimenti Washington ne sopporterà le gravi conseguenze".
Si tratta del monito formulato dal Ministero della Difesa di Pechino dopo la rilevazione, per il secondo giorno di fila, del cacciatorpediniere americano USS Milius nelle acque territoriali (secondo quanto asserisce la Cina) delle Isole Xisha, note anche come Isole Paracelso, "senza nessuna autorizzazione", compiendo azioni che "hanno gravemente violato la sovranità e la sicurezza della Cina" e "il diritto internazionale", ha riferito una nota di un portavoce.
Il Comando del teatro meridionale dell'Esercito popolare di liberazione "ha monitorato, rintracciato e messo in guardia": il cacciatorpediniere USS Milius si è introdotto illegalmente nelle acque territoriali cinesi, "violando gravemente la sovranità e la sicurezza del Paese". Le forze armate cinesi, continua la nota, prenderanno "le contromisure necessarie per salvaguardare risolutamente la sovranità e la sicurezza nazionale e mantenere la pace e la stabilità nel Mar Cinese meridionale".
Washington: "Nostra nave in acque internazionali"
La Marina americana ha affermato che il cacciatorpediniere stava rispettando il diritto e la libertà di navigazione in acque internazionali contro "rivendicazioni marittime illegali e radicali" che "rappresentano una seria minaccia per le libertà dei mari, comprese quelle di navigazione e sorvolo, per il libero scambio e il commercio senza ostacoli, nonché per la libertà di opportunità economiche per i Paesi costieri del Mar Cinese meridionale".
Venerdì gli USA hanno ripreso a far navigare l'imbarcazione in prossimità delle isole, occupate dalla Cina ma rivendicate anche da Taiwan e dal Vietnam, nell'ambito di quella che hanno definito un'"operazione di libertà di navigazione". Gli Stati Uniti non hanno rivendicazioni sul Mar Cinese meridionale, ma da decenni dispiegano mezzi della Marina e dell'Aeronautica per pattugliare la strategica via d'acqua, attraverso la quale transitano ogni anno circa 5'000 miliardi di dollari di commercio globale e che custodisce stock ittici e risorse minerarie sottomarine di grande valore.
Nel 2016 un tribunale arbitrale sostenuto dalle Nazioni Unite ha stabilito che la rivendicazione storica della Cina sulle acque non aveva alcuna base giuridica ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e Washington sostiene che la libertà di navigazione e il sorvolo della via d'acqua sono nell'interesse nazionale americano.
Russia e Cina sempre più vicini
Telegiornale 21.03.2023, 12:30