Il rischio è di derubricare tutto sotto la voce “entusiasmo giovanile”. Invece no, non basta. Certo, c’è entusiasmo. Ma c’è anche una consapevolezza matura e ponderata in questa ragazza di terza superiore. Ci apre la porta di casa dopo aver terminato una lezione di pianoforte con un bambino di sei anni. “Non mi aspetto di creare dei piccoli Mozart, ma voglio trasmettere loro la passione per lo strumento”. Un’energia che Claudia Sachs trasmette subito. Come quando racconta che la musica è essenziale anche nel suo impegno di insegnante di inglese volontaria per una famiglia di rifugiati congolesi che vive vicino a lei a Richmond, in Virginia.
Un ambiente “giusto”
Claudia parte in quarta quando racconta di sé. Denuncia subito le ingiustizie provocate da un clima che si accanisce soprattutto sui più deboli: “Sono quelli che producono meno anidride carbonica, ma pagano più di tutti”. Questa sedicenne americana è consapevole di vivere in un mondo di privilegi: ci sono pini marittimi ad alto fusto davanti a casa sua, in questo ricco sobborgo della Virginia. “Accendo e spengo l’aria condizionata quando voglio, ma c’è qualcuno che non ha i mezzi per sfuggire al surriscaldamento”. Di caldo – nel vero senso – si può morire. E Claudia lo sa, è una che si informa, studia, conosce. Quando spiega la sua idea di “giustizia ambientale” dice che è il modo migliore per descrivere questo movimento globale di giovanissimi attivisti, che sta prendendo piede anche qui negli USA.
Venerdi scorso Claudia ha manifestato con un gruppo di studenti vicino alla Casa Bianca, a Washington. Con loro c'era la 16enne svedese Greta Thunberg
Da Greta alla Casa Bianca
Da mesi Claudia si reca a Washington, per protestare davanti alla Casa Bianca. Perde una giornata di scuola per partecipare ai “Fridays for future”, quei “venerdi per il futuro” lanciati dalla sua coetanea svedese Greta Thurnberg. Settimana scorsa erano insieme davanti alla residenza di Donald Trump. Oggi Greta – diventata icona planetaria di chi vuole reagire di fronte al climate change – sarà a New York. “Mi sarebbe piaciuto, ma non posso andare” dice Claudia. Sarà comunque a Washington. E porterà con sé la chitarra, che ha imparato a suonare solo da un anno. Ma spiega che rispetto al pianoforte questo è lo strumento ideale per cantare tutti insieme durante le proteste. Una decina di mesi fa, tornando da un incontro con alcuni studenti della sua scuola, ha deciso di scrivere una canzone. “Cercavo un brano o una musica da affiancare alle parole dei giovani leader studenteschi, non ho trovato nulla”. Così s’è inventata questo brano.
Claudia, attivista per il clima in USA
RSI - Emiliano Bos 20.09.2019, 02:00
Per il futuro dell’umanità
“Future of humanity” sta diventando una sorta di inno di questi ragazzi, cocciuti e determinati. Non sono ancora la maggioranza, ma non hanno nessuna voglia di mollare. “I miei compagni si preoccupano di quanta benzina consumano o se la cannuccia è di plastica”, riflette Claudia. Ma non basta. Adesso bisogna andare oltre, alzare lo sguardo sulle caude dell’emergenza climatica. E soprattutto rimboccarsi le maniche. E combattere. “Il ritornello della mia canzone recita ‘Dobbiamo lottare’, non ‘vogliamo’ o ‘vorremmo’”, insiste Claudia. Il momento è adesso.
Figlia d’arte
Claudia oltre al pianoforte ha seguito dei corsi di canto, aggiunge sornione il papà seduto sul divano. Gongola di orgoglio per questa figlia brava a scuola e super-impegnata nel tempo libero. Claudia – in un certo senso – è figlia d’arte. Il padre insegna diritto ambientale da una ventina d’anni all’Università di Richmond. “Senz’altro le ho trasmesso l’amore per la natura in tanti anni di campeggi all’aperto”. Il ‘climate change’, in questa casa, è l’argomento di cui si parla a tavola quasi ogni sera.
Claudia ha cantato più di una volta "The future of humanity" davanti alla Casa Bianca. Anche venerdi scorso. E lo farà ancora nelle prossime ore.
The Voice
Claudia non solo ne parla. Ma lo canta. “Spero che questa canzone possa essere cantata ovunque, dagli Usa alla Svizzera” dice con gli occhi che sembrano riflettere un mappamondo. Claudia non è Joan Baez, ma ha un piccolo sogno: “Scrivere una decina di brani su ingiustizie sociali, razzismo, disuguaglianze, lotta al cambiamento climatico. E poi portare in giro questa musica”. Claudia non mostra rabbia né disillusione.
Una voce per i “senza-voce”
“Voglio combattere – dice alla RSI - per chi non riesce a farsi sentire”. Una voce per i senza-voce: la sua. E la musica che per Claudia diventa linguaggio universale, l’aggregatore di questa mobilitazione generazionale e transnazionale. Le dita scorrono sul pianoforte e poi pizzicano la chitarra. Questa adolescente sa che gli incendi della California e i monsoni in India – dove ha vissuto per qualche mese con la famiglia - la riguardano di persona.
Claudia però ribalta il paradigma. Non punta il dito contro altri. Ma non aspetta nemmeno che qualcuno agisca al suo posto. “Dico a me stessa: se non io, chi? È una mia responsabilità: raccogliere un rifiuto per strada o lottare per le vittime delle emergenze climatiche”.
Entusiasmo, certo. Ma non solo. Claudia sa che con altri giovani e giovanissimi può cambiare il mondo. “Mi dico sempre: se non io, chi? Anzi, se non noi, chi?”