La situazione a Damasco è precipitata nel giro di poche ore nella notte di domenica. Il gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham ha preso il controllo della capitale e dei media di Stato. Gruppi di ribelli a guida islamica annunciano “l’inizio di una nuova era”.
Lo riferiscono fonti dell’opposizione citate da al-Jazeera, mentre i ribelli fanno sapere di avere liberato il carcere militare dov’erano rinchiusi migliaia di dissidenti imprigionati dal regime del presidente Bashar al Assad.
Lo stesso presidente ha lasciato la Siria prima che la capitale fosse conquistata. Lo indica l’Osservatorio siriano per i diritti umani (OSDH), con sede nel Regno Unito. La transizione al potere si potrebbe svolgere in tempi rapidi e con la collaborazione dell’attuale premier siriano.
Quest’ultimo, Mohammed Ghazi al Jalali, in un messaggio pubblicato su Facebook si è detto “pronto a collaborare con la nuova leadership”. Da parte sua, il leader dei ribelli Abu Mohammed al Jolani ha raccomandato alle sue milizie di non attaccare gli edifici delle istituzioni, che dovranno rimanere sotto la supervisione del deposto governo finché non sarà ultimata la transizione.
I residenti di Damasco hanno riferito all’AFP di aver sentito intensi scontri al fuoco. “Il tiranno Bashar al-Assad è fuggito” e ‘proclamiamo la città di Damasco libera’, hanno annunciato i gruppi ribelli in messaggi condivisi sui social network. Ha fatto loro eco il direttore dell’OSDH, che all’agenzia AFP ha precisato: “Assad ha lasciato la Siria attraverso l’aeroporto internazionale di Damasco prima che i membri delle forze armate e di sicurezza lasciassero la città”.
“Dopo 50 anni di oppressione sotto il partito Baath al potere e 13 anni di crimini, tirannia e sfollamento, annunciamo la fine di questa epoca buia e l’inizio di una nuova era per la Siria”, hanno concluso i ribelli. Hanno poi lanciato un appello “per tornare nella Siria libera” ai compatrioti sfollati all’estero a causa del conflitto iniziato nel 2011 con la violenta repressione delle manifestazioni pro-democrazia, che ha provocato mezzo milione di morti e ha diviso il Paese in zone di influenza, con belligeranti sostenuti da varie potenze straniere.