Albion è una cittadina di 7’000 abitanti a un’ora e mezza di strada da Detroit, la capitale storica dell’industria automobilistica made in the USA. Qui ha sede Team 1 Plastics, un’azienda specializzata nello stampaggio a iniezione di plastica trasparente: un procedimento che serve a realizzare componenti in plastica per le automobili.
“I nostri principali clienti sono ditte statunitensi, canadesi e messicane che a loro volta riforniscono direttamente le grande case automobilistiche” mi racconta Gary Grigowski, uno tra i fondatori dell’azienda, attiva dagli anni Novanta. Una filiera produttiva fortemente integrata, con pezzi e componenti che attraversano più volte le frontiere nazionali prima dell’assemblaggio finale dei veicoli.
Gary Grigowski, fondatore e proprietario di Team 1 Plastics, una delle migliaia di piccole aziende che compone la filiera produttiva
“Le tasse del 25% su pezzi e componenti non sono uno scherzo” ammette Gary, che in caso di rallentamento del mercato dell’auto non esclude di dover fare dei tagli al personale, in tutto un’ottantina di persone. “Ma per gli affari l’elemento più difficile è l’incertezza, il non sapere per quanto tempo i dazi resteranno in vigore”.
In Michigan si produce un quinto delle automobili fabbricate negli Stati Uniti, il settore dell’automobile qui occupa oltre un milione di persone, ma anche i grandi marchi americani, le cosiddette Big Three - Ford, General Motors e Stellantis, l’ex Chrysler – rischiano di pagare il prezzo dei dazi di Trump.
“I dazi sulle auto si aggiungono ai dazi già esistenti su acciaio e alluminio; quindi, ci sono i dazi contro Canada e Messico. Questo accumulo di barriere doganali è un problema” ammette Glen Stevens, direttore esecutivo di MichAuto, l’associazione che riunisce produttori e fornitori del settore.
“Il regime dei dazi voluto da Trump provocherà quasi certamente un aumento significativo dei prezzi e una diminuzione della domanda” continua Stevens, che teme in particolare per la fragilità della catena di produzione. “Basta che una ditta fallisca e tutto l’ingranaggio produttivo si inceppa” ammonisce il direttore di MichAuto.
Chris Vitale, ex operaio Chrysler, invitato alla Casa Bianca da Trump per l’annuncio sui dazi
In una tavola calda a nord di Detroit incontro Chris Vitale, origini siciliane, ex operaio in pensione della Chrysler. La settimana scorsa Vitale era alla Casa Bianca per l’annuncio sui dazi di Trump, su invito personale del presidente.
“La maggioranza degli americani non ha eletto Trump per mantenere lo status quo, bensì per operare una rottura con il passato” mi dice Chris davanti a un piatto di uova fritte, patate e pancetta. L’ex colletto blu ammette che l’impatto dei dazi potrebbe essere doloroso, ma sostiene comunque la strada scelta da Trump. “Non si può pensare di sistemare in due mesi un problema che si trascina da sessant’anni” afferma Vitale. “Il mio più grande rimpianto è che uno come Trump non sia arrivato quindici anni fa!”.
Nel 2024 negli Stati Uniti sono stati venduti 15,9 milioni di veicoli, tra vetture leggere, furgoni pick-up e SUV, segno della piena ripresa del settore dell’auto dopo la pandemia. Circa la metà, 7,7 milioni, sono state automobili di importazione, in una classifica che vede ai primi cinque posti Messico (22,8%), Giappone (18,6%), Corea del Sud (17,3%), Canada (12,9%) e Germania (11,7%).