L’esercito israeliano ha effettuato oltre 300 raid aerei sulla Siria dalla caduta di Bashar al Assad domenica e distrutto i principali siti militari siriani, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ONG con sede nel Regno Unito e una fitta rete di informatori sul posto. Sono stati colpiti aeroporti, radar, depositi di armi e munizioni e centri di ricerca militari in diverse regioni del Paese, compresa quella di Damasco. Un attacco ha danneggiato un’unità della marina nei pressi del porto di Latakia. Forti esplosioni sono state udite martedì all’alba, anche nella capitale.
Secondo l’organizzazione, il bersaglio è quel che resta dell’arsenale del vecchio regime alleato dell’Iran. Tel Aviv non ha fatto commenti nell’immediato. Lunedì aveva unicamente confermato la distruzione di “depositi di armi chimiche” per evitare che possano cadere nelle mani degli ex ribelli, ora nuovi padroni a Damasco.
Ma Israele ha approfittato anche sul terreno del caos generato dall’offensiva dei miliziani, che ha portato al rovesciamento di al Assad. Le sue truppe sono entrate in territorio siriano per la prima volta da 50 anni e hanno effettuato diverse incursioni nella zona tampone creata con l’armistizio alla fine della guerra dello Yom Kippur del 1973. Una parte delle alture fa dal 1967 parte di quelli che vengono considerati i territori occupati da Israele. La sua annessione nel 1981 è riconosciuta unicamente dagli Stati Uniti.
Lo Stato ebraico ha smentito che i suoi carri armati si siano avvicinati a una ventina di chilometri da Damasco, come sostenuto da alcuni media. La violazione della sovranità territoriale siriana è stata condannata fra gli altri da Iran, Turchia e Qatar.
La prigione di Seydnaya a Damasco
La fine della dinastia al potere per decenni ha spinto intanto migliaia di siriani verso la prigione di Seydnaya, alla ricerca di notizie di parenti detenuti, qualcuno anche da molti anni, di cui non avevano notizie. I soccorritori penetrati all’interno non ne hanno tuttavia trovato traccia e nemmeno di presunti nascondigli segreti. Il capo degli insorti Abu Mohammed al Jolani, ha promesso di pubblicare una lista dei torturatori del regime, che saranno perseguiti. Al personale subalterno dell’esercito e delle forze di sicurezza, “che non si è macchiato del sangue dei siriani”, è stata concessa l’amnistia.
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