"Erano soldi miei"

Il suo ex legale Michael Cohen ha inguaiato Donald Trump, ammettendo di aver pagato due donne perché tacessero sulla loro precedente relazione con il magnate, prima delle presidenziali. La reazione dell'inquilino della Casa Bianca non si è fatta attendere: mercoledì sera, Trump è tornato a esprimersi per sostenere che rimborsò parte della somma a Cohen, ma lo fece con soldi propri e non con quelli della campagna.

Il presidente degli Stati Uniti vuole allontanare da sé i sospetti di aver violato la legge elettorale, perché finché in carica è al riparo da perseguimenti penali, ma non dall'eventualità di un impeachment, per il quale tuttavia non esistono attualmente i presupposti politici, visto che fino almeno alle elezioni di midterm di novembre la maggioranza nei due rami del Parlamento resterà in mani repubblicane. La sua versione si scontra tuttavia con quella di Cohen, che, pur senza nominarlo esplicitamente, ha sostenuto di aver agito su indicazione "di un candidato", quindi non all'insaputa del suo mandante, che invece insiste di essere stato informato a cose fatte.

A pochi minuti di distanza dalle ammissioni di Cohen, è stato giudicato colpevole martedì anche l'ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, anche se per una vicenda di frode bancaria ed evasione fiscale risalente ad alcuni anni prima.

I due sono amici, Trump in uno dei suoi tweet dice di "sentirsi male per lui" e in un'intervista che Fox News diffonde giovedì mattina evoca persino la possibilità di concedere a Manafort la grazia presidenziale.