La Cassazione ha annullato di nuovo la condanna per omicidio colposo dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny in uno dei processi Eternit Italia. La sentenza segue la prima pronuncia, che dichiarò tutto prescritto e mise un blocco ai risarcimenti nel 2014.
L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari delle vittime, avverte che questo verdetto potrà avere ricadute importanti su altri processi Eternit scaturiti dall’inchiesta avviata dalla procura di Torino. “Il rischio è che il tutto venga falciato dalla scure della prescrizione. Non possiamo comprendere, né condividere la decisione della Corte ma il nostro impegno proseguirà in tutte le competenti sedi, per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria di tutte le vittime e dei loro congiunti”.
La Cassazione aveva già annullato la prima delle condanne inflitte all’industriale elvetico. Tra le vittime, un dipendente dello stabilimento di Cavagnolo (Torino) morto nel 2008 per una malattia che secondo l’accusa è legata all’esposizione all’amianto per circa 27 anni. Sono tante le morti per mesotelioma che hanno colpito nel corso del tempo, nella stragrande maggioranza di casi in maniera fatale, gli operai.
Nel 2018, in primo grado, Schmidheiny era stato condannato a 4 anni di reclusione per omicidio colposo. Era stato preso in esame anche il caso di una donna deceduta nel 2012 per un mesotelioma pleurico a pochi mesi dalla diagnosi. La donna aveva subito una duplice esposizione alla fibra killer: residenziale (poiché abitava a meno di 1 km dallo stabilimento di Cavagnolo), e da lavoro agricolo (poiché svolgeva le sue mansioni su terreni poco distanti dallo stabilimento incriminato, in precedenza contaminati dall’amianto).
La difesa dell’industriale aveva impugnato il provvedimento e in appello, in parziale riforma della sentenza applicata, il magnate svizzero aveva dovuto rispondere esclusivamente della morte del primo dipendente. La pena era stata quindi ridotta a 1 anno e 8 mesi di reclusione, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale.
Il gruppo Eternit SEG, guidato da Schmidheiny, era stato il maggiore azionista e poi il principale azionista di Eternit Italia dal 1973 fino al fallimento del gruppo, nel 1986. La difesa di Schmidheiny sostiene che l’industriale non ha mai fatto parte del consiglio di amministrazione della società italiana e non ha mai avuto responsabilità dirette nella gestione dell’azienda. È la terza volta che la più alta corte italiana annulla una condanna contro Schmidheiny, hanno aggiunto gli avvocati. Attualmente è in corso un processo d’appello a Torino per la morte dei dipendenti dello stabilimento di Casale Monferrato, vicino alla città piemontese.

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