"Principale vaccino contro la disinformazione", il giornalismo è al momento ostacolato in più di 130 Paesi, avverte Reporter Senza Frontiere (RSF) nel suo rapporto annuale, con la pandemia a condizionare negativamente l'accesso alle notizie.
Il 73% dei 180 Paesi valutati dalla ong è caratterizzato da situazioni ritenute "gravissime", "difficili" o "problematiche" per la professione. Se questa quota di territori dipinti in nero, rosso o arancione sulla mappa del mondo rimane stabile rispetto all'anno scorso, solo 12 Paesi su 180, ovvero il 7%, contro l'8% del 2020, mostrano una "buona situazione". Una 'zona bianca' che "non è mai stata così ristretta dal 2013", secondo RSF.
La pandemia sembra aver esacerbato la repressione nei Paesi più 'imbavagliati' come l'Arabia Saudita (al 170° posto) o la Siria (173esima), secondo l'ONG, e ha "provocato un enorme blocco degli accessi" alle fonti per i giornalisti, "solo in parte giustificato da precauzioni sanitarie".
La più 'virtuosa' resta la Norvegia, che mantiene il primo posto per il quinto anno consecutivo davanti a Finlandia e Svezia, tornata terza a scapito della Danimarca (ora quarta). La Germania esce dalla 'zona bianca' (tredicesima, -2) "perché decine di giornalisti sono stati attaccati da manifestanti vicini a movimenti estremisti e cospiratori durante le manifestazioni contro le restrizioni anti-Covid-19".
L'Europa rimane la regione più sicura, ma si sono moltiplicate, secondo RSF, le aggressioni e gli arresti abusivi, soprattutto in Francia (34esima) durante le manifestazioni contro il disegno di legge "sicurezza globale". L'Italia si conferma al 41esimo posto.
Dall'altra parte dell'Atlantico, la situazione rimane "piuttosto buona" negli Stati Uniti (44esimi, +1) "anche se l'ultimo anno di mandato di Donald Trump è stato caratterizzato da un numero record di aggressioni (quasi 400) e arresti di giornalisti (130).
La "zona rossa" accoglie il Brasile, "dove il presidente Bolsonaro ha fatto del dileggio ai giornalisti il suo tratto distintivo" e ci rimane la Russia (150esima, -1) che si è adoperata per "limitare la copertura" delle "manifestazioni dei sostenitori di Alexei Navalny". Infine, se rimane il continente "più violento" per i giornalisti, l'Africa ha registrato qualche miglioramento in Burundi (147esimo, +13), Sierra Leone (75esima, +10) e Mali (99esimo, +9).
Svizzera al 10° rango
Il punteggio della Svizzera nell'indice di libertà di stampa 2021 di Reporter senza frontiere rimane stabile. Perde però due posti piazzandosi al decimo rango, dietro la Nuova Zelanda e il Portogallo. E la violenza verbale e fisica contro i rappresentanti dei media potrebbe peggiorare la situazione. La Svizzera continua ad essere nella zona "bianca" della classifica mondiale, che comprende i paesi dove la libertà d'informazione è meglio protetta nel confronto internazionale. Ma questo buon risultato potrebbe essere messo in discussione in futuro, secondo Reporter senza frontiere Svizzera. La classifica non riflette il recente forte aumento degli attacchi verbali e talvolta fisici contro i giornalisti e i media.
La sezione elvetica di RSF è estremamente preoccupata per la crescente ostilità nei confronti della stampa, che si è accentuata notevolmente durante la crisi sanitaria, soprattutto nelle ultime settimane. Attacchi verbali, insulti, maleducazione, minacce e persino violenza fisica contro i giornalisti sono in aumento. Durante le manifestazioni organizzate dagli oppositori delle misure sanitarie, i rappresentanti dei media sono stati fischiati a tal punto che hanno temuto per la loro integrità fisica.
Secondo RSF Svizzera, il mese scorso a Liestal (BL), uno di loro è stato preso a pugni in faccia. Ad Altdorf (UR), una pietra è stata lanciata contro un giornalista. In un contesto completamente diverso (in un caso legato alle accuse di sessismo a causa di una lettera di un lettore pubblicata dal giornale), sono stati danneggiati i veicoli del quotidiano friburghese La Liberté a Bulle.