Un debito inestinguibile è quello che mercoledì re Carlo III ha commemorato sulle rive della Manica, a Portsmouth, nel sud dell’Inghilterra. Assieme al figlio, il monarca ha ricordato il coraggio, la resilienza e la solidarietà dei quasi 160’000 uomini che, 80 anni fa, si preparavano per partire per una missione che avrebbe cambiato radicalmente le sorti del secolo e dell’Europa: lo sbarco in Normandia.
Nella vigilia di quello storico e irreversibile anniversario anche il presidente della Francia (allora combattuta e dilaniata) ha voluto celebrare l’eroismo dei numerosi soldati che hanno combattuto per la libertà del continente: “Mai dimenticheremo – scrive Emmanuel Macron su X – il sacrificio di migliaia di giovani soldati venuti da Oltreatlantico, da Oltremanica e dai territori d’Oltremare morti il 6 giugno, sulle spiagge della Normandia”.
Oggi, giovedì, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sono attesi in Francia per onorare il successo del “giorno più lungo”.
La nona brigata di fanteria canadese sbarca sulla spiaggia
Alcune volte la storia si condensa in un solo giorno: il D-Day
Ottant’anni fa, il 6 giugno 1944, nella giornata restata nella storia come il D-Day, 160’000 uomini sbarcarono in Normandia in una delle più grandi invasioni marittime che la storia abbia mai visto, l’operazione Overlord. L’obiettivo? Conquistare le coste della Francia settentrionale per stabilire una testa di ponte nelle zone occupate e aprire un altro fronte contro la Germania nazista.
A capo dell’operazione c’era il generale statunitense Dwight Eisenhower. Il 5 giugno 1944, la notte prima dell’invasione, inviò alle truppe alleate un messaggio destinato a rimanere negli annali di storia. Spronava i suoi soldati a dare il massimo e ricordava loro cosa c’era in gioco: la libertà dei popoli.
Gli occhi del mondo sono puntati su di te: le speranze e le preghiere delle persone amanti della libertà marciano ovunque con te. Il tuo compito non sarà facile: Il tuo nemico è ben addestrato, ben equipaggiato, indurito dalla battaglia e combatterà selvaggiamente. Ma io ho piena fiducia nel tuo coraggio, nella tua devozione al dovere e nella tua abilità in battaglia. Non accetteremo niente di meno che la piena vittoria!
Dwight D. Eisenhower, Comandante supremo alleato delle forze di spedizione in Europa Occidentale
Overlord aveva un compito chiaro: conquistare 50 miglia di costa francese. Per soddisfarlo, Stati Uniti e Gran Bretagna - gli eserciti che conducevano l’invasione - avevano identificato cinque differenti spiagge, gli obiettivi della missione. Alle truppe statunitensi spettava la conquista di Omaha e Utah beach; gli inglesi spinsero le loro forze su Gold e Sword, mentre i canadesi guidarono l’attacco su Juno Beach.
Piano di battaglia per lo sbarco in Normandia
Allo sbarco non parteciparono solamente le truppe sopracitate, ci furono pure gli uomini di Australia e Nuova Zelanda, Belgio, Francia, Paesi Bassi, Cecoslovacchia, Polonia e Grecia. Di fronte, ad aspettarli sulla spiaggia, avevano tre divisioni tedesche, circa 50’000 uomini, acquartierate nelle fortificazioni pesanti volute da Erwin Rommel, il comandante delle forze naziste in Normandia.
Conosciuto come “la volpe del deserto”, il feldmaresciallo Rommel reputava necessario costituire una linea difensiva sull’oceano; l’aveva nominata il Vallo Atlantico. Nel suo progetto, la barriera correva dal nord della Norvegia fino ai punti più meridionali della Francia, contemplando chiaramente la Normandia. Bunker, ostruzioni minate nel mare e sulle spiagge, mitragliatrici dispiegate contro le onde. Questo era il muro che gli alleati dovevano scavalcare, ma avevano una carta segreta: i paracadutisti.
Ostruzioni minate anti-sbarco tedesche lungo le spiagge della Normandia
Attaccare dal cielo
Tagliare le linee nemiche, in questo dovevano riuscire le operazioni Tonga, Detroit e Chicago. Così erano nominate le tre missioni alleate che usarono i paracadutisti per proiettarsi alle spalle delle divisioni tedesche. Non era la prima volta che gli eserciti impiegarono le truppe aerotrasportate per minare le difese nemiche, ma durante il D-Day l’utilizzo dei parà avvenne su una scala mai vista in precedenza.
Poco dopo la mezzanotte del 6 giugno furono circa 9’000 gli aerei che decollarono alla volta della Francia dagli aeroporti britannici. Quello che aspettava loro era un viaggio di circa un’ora sopra lo stretto della Manica. E dopo quella lunga attesa, la contraerea tedesca con i suoi cannoni che martellavano la notte.
La 101a divisione aviotrasportata statunitense nell'area a nord-ovest di Carentan viene rifornita di armi, munizioni, cibo e altri rifornimenti utilizzando alianti da carico trainati al punto di rilascio
Per sviare i colpi tedeschi, alcuni velivoli alleati avevano sfidato l’entroterra nemico sganciando 200 manichini di gomma dotati di paracadute; un espediente per confondere le forze naziste e facilitare il lancio dei soldati.
Non era la prima volta che gli Alleati si appoggiavano a trucchi e inganni per disorientare il Terzo Reich. Anzi, l’intero sbarco si è fatto strada entro un mare di bugie: l’operazione Bodyguard. Durante tutto l’anno 1943 l’esercito inglese dispiegò in posizioni strategiche truppe fittizie, come carri armati e aeroplani gonfiabili. Ma non solo; si impegnò anche nella diffusione di messaggi radio facilmente captabili. Questi, totalmente falsi, dovevano far credere ai tedeschi che un attacco sarebbe arrivato nel Passo di Calais (nell’Alta Francia, a nord della Normandia) o addirittura in Norvegia.
E l’inganno funzionò: i tedeschi mantennero le loro truppe spalmate su tutta la costa atlantica, rendendo la difesa normanna più sguarnita rispetto al potenziale dell’esercito.
Un modello di carro armato gonfiabile
“L’ora della liberazione è vicina”
“Aurora dalle dita rosa” diceva Omero. Ma quell’alba fu rossa. La prima ondata di sbarchi avvenne alle 06:30 ed entro le 08:00 tutte le truppe avevano preso piede sulle spiagge. Il bombardamento alleato, tuttavia, non aveva funzionato e in quelle prime ore il contrattacco tedesco fu molto pesante. Il mare era inoltre particolarmente mosso e i natanti riscontrarono diversi problemi nell’attracco: alcuni gruppi annegarono e diverse attrezzature affondarono. Per tutto il giorno la resistenza dei tedeschi fu ferrea e continuò indefessa a respingere le forze alleate.
Quel giorno gli Stati Uniti persero circa 2’500 soldati, gli inglesi quasi 1’500 e i canadesi meno di 500. Feriti e dispersi superano le 5’000 unità. Le cifre tedesche oscillano, ma si stimano tra i 4’000 e i 9’000 uomini tra morti e feriti.
Circa alle 22:00 di quel 6 giugno, un messaggio radiofonico fece capolino nei salotti dell’Europa occidentale; al microfono c’era Eisenhower e diceva: “L’ora della vostra liberazione si avvicina”, gli Alleati si erano attestati sulle coste della Normandia.
Una conquista storica che apriva ad una manovra a tenaglia gigantesca, con le forze sovietiche da un lato e quelle americane e inglesi dall’altro. Berlino era al centro di questa macchinazione colossale e, da lì a pochi mesi, la capitolazione definitiva della Germania nazista sarebbe diventata realtà.
Le immagini dello sbarco
L'80esimo anniversario del D-Day
Telegiornale 06.06.2024, 12:30
Notiziario
Notiziario 05.06.2024, 11:00
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Il D-Day
Telegiornale 05.06.2019, 22:00