"Il colpo di Stato in Myanmar ha le sue radici nella vittoria elettorale del partito di Aung San Suu Kyi nel 2020. Molto probabilmente i militari hanno percepito un pericolo per il loro ruolo e la grande influenza nella società e abbiano deciso di intervenire", afferma Diego Abenante, professore di storia e istituzioni dell'Asia meridionale all'Università di Trieste.
La Lega nazionale per la democrazia aveva ottenuto oltre il 60% dei voti "con una grande partecipazione popolare nonostante la pandemia". La nuova giunta annuncia una nuova transizione democratica ma solo fra un anno, alla scadenza dello stato d'emergenza, ma secondo Abenante avrà difficoltà a rispettare i suoi stessi piani: Aung San Suu Kyi ha già chiesto alla popolazione di non accettare il golpe e di protestare "e con ogni probabilità si rifiuterà di collaborare".
Il regime militare sarà quindi "sotto una fortissima pressione, sia sul piano interno per l'indignazione della popolazione, sia su quello internazionale". Inltre "il ritorno della democrazia in Myanmar era stato sostenuto dalla precedente amministrazione democratica degli Stati Uniti, con le visite di Hillary Clinton e di Barack Obama".
E anche se è vero che Aung San Suu Kyi ha perso una parte del suo credito difendendo l'oppressione dei Rohingya - "probabilmente nel tentativo di rassicurare i militari" anche se "alla luce del colpo di Stato queste rassicurazioni non sono state sufficienti" - "l'obiettivo del mantenimento della democrazia sarà considerato preminente dalle cancellerie internazionali".