Ore di tensione in Myanmar, dove la televisione militare ha annunciato che l'esercito ha preso il controllo sulla base della Costituzione (da lui stesso scritta) che gli permette di farlo "in tempi di emergenza nazionale". Dopo pochi anni di democrazia, il paese fa così un salto indietro nel passato. Lo stato di emergenza è stato dichiarato per un anno. Tutti i poteri sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate e la presidenza ad interim affidata al generale Myint Swe, che era uno dei due vicepresidenti in carica. Le linee telefoniche sono interrotte, internet funziona a singhiozzo e i soldati sono visibili nelle strade sia di Yangon che della capitale Naypiytaw. I militari hanno intanto promesso che fra un anno saranno organizzate nuove elezioni "libere e giuste" e un trasferimento dei poteri. "Costruiremo una vera democrazia multipartitica", si legge in un comunicato diffuso su Facebook.
Il generale Min Aung Hlaing
Le voci di un possibile golpe che si facevano strada da giorni trovano dunque conferma. La 75enne Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e di fatto leader del paese dal 2015 dopo anni di isolamento, si trova agli arresti così come altri politici. In novembre la sua Lega nazionale per la democrazia aveva ottenuto un'ampia maggioranza nei due rami del Parlamento, un risultato elettorale contestato dalla formazione appoggiata dall'esercito. I militari avevano minacciato di intervenire se le accuse di brogli non fossero state chiarite ma la commissione elettorale non ha trovato prove di gravi irregolarità.
"Esorto la popolazione a non accettarlo, a rispondere e a protestare con tutto il cuore contro il colpo di Stato dei militari", ha intanto fatto sapere Aung San Suu Kyi in una dichiarazione diffusa dal suo partito.
La mossa delle forze armate è stata subito condannata sul piano internazionale. Il nuovo segretario di Stato statunitense Anthony Blinken ha chiesto il rilascio di tutti gli esponenti governativi e membri della società civile (fra gli altri artisti e capi della rivolta studentesca del 1988) finiti in carcere e ha dichiarato l'appoggio alle "aspirazioni alla democrazia, alla libertà, alla pace e allo sviluppo" del popolo birmano. "Ferma condanna" dell'accaduto è stata espressa anche dal segretario generale dell'ONU Antonio Guterres e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Anche la Svizzera ha preso posizione: "Il DFAE sostiene le aspirazioni del popolo del Myanmar per la democrazia, la pace e lo sviluppo e invita l'esercito a invalidare immediatamente le sue azioni", hanno detto i servizi di Igazio Cassis all'agenzia di stampa Keystone-ATS.
Oggi, lunedì, avrebbe dovuto iniziare la prima sessione parlamentare dopo il voto di novembre.
La costituzione birmana - retaggio del passato - garantisce all'esercito grandi poteri (fra l'altro il 25% dei seggi in Parlamento e ministeri chiave come quello della difesa) anche dopo la transizione democratica che ha fatto seguito a mezzo secolo di governo militare. Aung San Suu Kyi ha quindi sempre dovuto tenere conto dei generali e anche sul piano internazionale ne aveva difeso l'operato nella campagna contro i Rohingya, considerata a livello internazionale un genocidio.
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