Il Cile, terzo paese in America Latina per numero di contagi da coronavirus con 69'102 casi confermati (718 vittime), è tornato ad essere la polveriera sociale che era stato nei mesi precedenti alla pandemia, in un clima di diffidenza verso Sebastian Piñera.
Dopo un mese e mezzo di quarantena, la protesta contro il Governo è infatti tornata nelle piazze, questa volta nei barrios della periferia di Santiago. A manifestare non sono però più studenti che chiedono la riforma della Costituzione, ma famiglie dei quartieri disagiati strozzate dalla chiusura delle attività produttive.
Le famiglie cilene, in piena emergenza sociale e con l'inverno alle porte, lamentano mancanza di denaro e di lavoro. Il capo dello Stato Piñera ha promesso un sussidio speciale di circa 300 franchi per tutti i nuclei familiari, ma i fondi non sono ancora stati sbloccati.
"La gente non ha da mangiare, non c'è lavoro. Dobbiamo restare in casa, ma così facendo rischiamo di morire di fame", lamenta un'abitante del quartiere di La Pintana, dove nella giornata di lunedì hanno avuto luogo delle manifestazioni.