Oggi, primo maggio, inizia il ritiro dall'Afghanistan delle truppe della missione NATO Resolute Support (Sostegno decisivo, ndr.). Il presidente americano Joe Biden nell'annunciare la fine di quella che ha definito "la guerra infinita" ha precisato che il completamento del ritiro delle truppe americane avverrà gradualmente ma entro la simbolica data dell'11 settembre.
Ne parliamo con Olivier Roy, ex consulente dell'ONU per l'Afghanistan, ex ricercatore al CNRS di Parigi e attualmente professore all'Istituto universitario europeo di Firenze.
Oliver Roy
Quale la logica di questa tempistica e quali le prospettive per l'Afghanistan? "Sono ragioni essenzialmente interne quelle che hanno dettato le modalità del ritiro. Il Governo americano ritiene che questa guerra non abbia alcuna prospettiva. Non ci sono né prospettive militari né politiche. Il Governo questo non lo dice, non può dirlo. E' la dimostrazione che l'amministrazione statunitense non crede in un possibile esito positivo delle negoziazioni con i Talebani. Altrimenti avrebbe atteso la fine dei negoziati per annunciare la partenza. Secondo me, questa partenza consentirà lo scatenarsi di una nuova guerra civile in Afghanistan."
In effetti dall'annuncio del ritiro americano lo scorso 14 aprile i Talebani hanno aumentato i loro attacchi contro le forze di sicurezza afgane. Nei primi tre mesi di quest'anno - secondo dati dell'ONU - sono stati uccisi o feriti più di 1'800 civili. Questo cosa fa presagire per il futuro immediato dell'Afghanistan: un ritorno dei Talebani al potere?
"Sì! I Talebani lanceranno un'offensiva su grande scala per conquistare la maggior parte di territorio possibile. E sicuramente riusciranno a conquistare Kabul, perché è difficile da difendere e poi manca un esercito nazionale in grado di proteggere la capitale. Dovremmo quindi attenderci un'offensiva e la caduta di Kabul, ma è probabile che i Talebani non riusciranno a conquistare tutto il territorio afgano. Si tornerà alla situazione che c'era prima dell'11 settembre 2001, quando i due terzi del territorio erano in mano ai Talebani e il resto ai loro oppositori, insomma prevedo una guerra civile infinita."
Questa previsione pessimistica riguarda i prossimi mesi o avverrà più in là?
"Avverrà nel giro di qualche mese. I Talebani stanno già mettendo sotto pressione l'esercito governativo, per demoralizzarlo... ma aspetteranno la partenza degli americani per lanciare la loro offensiva. Avverrà a qualche settimana dalla partenza degli americani."
E cosa faranno i Talebani dopo aver conquistato Kabul?
"Istaureranno uno stato islamico d'Afghanistan. Ora si tratta di capire se torneranno ai metodi di Governo degli anni novanta, vale a dire alla sharia (la legge islamica), alle decapitazioni, all'imposizione del burka alle donne, al divieto per loro di lavorare e così via... oppure avranno imparato la lezione degli ultimi vent'anni e cercheranno di adottare dei metodi più moderni, aperti, certo non democratici, diciamo sullo stile di Governo del principe ereditario Mohammad Bin Salman in Arabia Saudita? Questo ancora non lo sappiamo."
Il fatto che la Conferenza di Pace prevista in Turchia il 24 aprile scorso sia stata rinviata perché i Talebani non vi hanno voluto partecipare è un segnale che va nella direzione che lei indica?
"I Talebani non vogliono negoziare con il governo di Kabul. Non hanno bisogno di negoziare perché gli americani hanno annunciato il loro ritiro. E' questo il problema! Con l'annuncio del loro ritiro, gli americani non hanno più strumenti di pressione sui Talebani."
Professor Olivier Roy lei conosce bene l'Afghanistan, è stato in passato anche consulente delle Nazioni Unite. Quali sono stati secondo lei gli errori commessi dagli occidentali in Afghanistan?
"Gli occidentali hanno sbagliato nel pensare di potere stabilire in Afghanistan un sistema, stabile, democratico e competente. Sono tanti gli errori commessi, come non aver negoziato con i Talebani fin dall'inizio, bisognava negoziare con loro quando erano deboli. O aver lasciato al potere un Governo corrotto e inefficiente. Inoltre gli americani non sono riusciti a costituire un esercito nazionale afgano che potesse contrastare i Talebani. Infine il ritiro si sarebbe dovuto preparare molto prima, soprattutto considerando che la motivazione iniziale dell'intervento militare in Afghanistan non era di mettere in piedi un Governo stabile e democratico ma di distruggere Al Qaida. Un intervento militare mal condotto, che ha consentito al Al Qaida di rifugiarsi in Pakistan. A quel punto gli Stati Uniti avrebbero dovuto prendere posizione contro il Pakistan, ma non c'è mai stata una risposta chiara e coerente da parte degli americani su questa questione."
In effetti la data di inizio del ritiro delle truppe americane coincide con l'uccisione del capo di Al Qaida Osama Bin Laden, il 2 maggio del 2011 in Pakistan. Si può affermare che l'intervento militare statunitense in Afghanistan abbia anche sofferto di una mancanza di conoscenza del paese, della sua cultura, delle sue divisioni etiche?
"Sì! Gli americani non si sono più interessati dell'Afghanistan dal momento in cui i Sovietici hanno messo fine alla loro occupazione nel febbraio del 1989. Il Pentagono, il Dipartimento di Stato non si sono più interessati all'Afghanistan. Vi ci sono andati all'improvviso nel novembre del 2001 senza avere alcuna conoscenza del terreno. E non hanno nemmeno cercato di acquisire delle conoscenze. Una volta lì hanno applicato dei metodi prettamente formali di Governo, come preparare le elezioni, addestrare l'esercito, formare i quadri superiori eccetera... ma hanno lasciato prosperare il traffico di droga, la corruzione, non si sono interessati alla micro-gestione, ossia a ciò che avveniva quotidianamente nelle singole zone, valli e province."