Lo scacchiere mediorientale si arricchisce di un attore che vuole avere un ruolo di primo piano: la Cina che, stando agli analisti, da tempo si sente direttamente coinvolta nella regione dato il suo interesse (testimoniato anche dal suo coinvolgimento nella missione UNIFIL lungo la linea blu fra Israele e Libano) a che possa regnare la pace per dare stabilità alle forniture di petrolio. Pechino si è ufficialmente inserita sulla scena - al fianco dei mediatori storici, come Stati Uniti, Giordania ed Egitto - proponendosi di ospitare i colloqui di pace israelo-palestinesi per tentare di raggiungere un cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
La proposta è stata lanciata durante la riunione virtuale del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite. Nel suo intervento il ministro degli esteri Wang Yi ha chiesto un cessate il fuoco immediato tra le due parti e ha esortato Israele a revocare il blocco e l'assedio di Gaza. Inoltre ha puntato il dito contro gli Stati Uniti accusati di ostacolare l'organo dell’ONU incaricato di mantenere la pace e la sicurezza internazionali che in questo mese è presieduto proprio dal rappresentante di Pechino. La Cina riconosce l'autorità nazionale palestinese e al tempo stesso non giudica Hamas un'organizzazione terroristica.
L'offerta appare una svolta nella posizione cinese rispetto ai generici appelli del passato spesso ispirati al principio di non intromissione negli affari interni di altri paesi. Pechino ha ottimi e storici rapporti sia con i palestinesi sia con gli israeliani. Ha riconosciuto lo Stato di Palestina nel 1988 e nella capitale cinese c'è l'ambasciata palestinese. In seguito, nel 1992, ha stabilito relazioni diplomatiche con Israele con cui nel frattempo ha sviluppato molti e proficui rapporti riguardanti, tra gli altri aspetti, i trasferimenti di tecnologia anche militare e il commercio.
La soluzione della guerra israelo-palestinese per il Governo cinese è quella dei due Stati, sulla base dei confini del 1967, con Gerusalemme Est capitale della Palestina.