Mondo

La Silicon Valley di Haiti

Dieci anni dopo il sisma, il reportage - Malgrado un’economia in crisi, è stato lanciato a Port-au-Prince il primo incubatore hi-tech con spazi per co-working

  • 12.01.2020, 10:28
  • 22.11.2024, 20:13
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Per un presente e un futuro migliore ad Haiti

RSI/Emiliano Bos 12.01.2020, 10:17

Di: Emiliano Bos - inviato RSI ad Haiti 

“Non sono il rampollo di una famiglia privilegiata né un membro della diaspora”. Marc Alain Boucicault, 32 anni, non ci gira intorno. “Sembro mulatto, come le élite che hanno dominato questo paese per secoli. Ma è solo perché mia nonna sposò un dominicano”. Sorride, ma qui ad Haiti il colore della pelle è ancora un elemento di discriminazione ereditato dal colonialismo. Si è fatto da sé, e ci tiene a dirlo. Un “secchione” fin da piccolo, leader studentesco al liceo, poi brillante studente all’Università scelto per uno stage alla Banca Mondiale. Un breve trasferimento a Washington come economista junior per un paio d’anni e poi il veloce rientro in patria. “Le radici sono qui, nella mia comunità”.

Un curriculum perfetto il suo, quasi da start-up milionaria della Silicon Valley californiana. Invece siamo a Delmas 66, lo stradone dove i tap-tap – i taxi collettivi – si fanno avanti a colpi di clacson salendo dal centro di Port-au-Prince a Petionville, dove abitano i ricchi.


“Volevo coniugare l’entusiasmo e la passione per la tecnologia con un’idea creativa, per connettere le persone e

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I "tap-tap", taxi collettivi di Port-au-Prince. Sono il principale mezzo di trasporto (a pagamento) insieme ai moto-taxi. Non esistono, o quasi, autobus pubblici.

  • Emiliano Bos / RSI

coinvolgere il territorio” racconta questo ragazzone alto un metro e novanta. Ha la statura da leader, scherza quando ci incontriamo nei locali appena riaperti di “Banj”. Significa “genio”, era il nomignolo con cui lo chiamava sua nonna. “Pensavo fosse inventato, invece esiste davvero nel vocabolario di creolo”.

“Ho sempre pensato che sia possibile trasformare le mentalità creando opportunità per il futuro delle persone”, dice davanti al grande logo all’ingresso di un salone con ampie finestre, tavoli e una piccola caffetteria.

Ritrae una sagoma stilizzata, quasi un ghirigoro. Ma a guardarlo bene si riconoscono forme sovrapposte: cervello (simbolo della genialità), labirinto (spazio) e microchip (tecnologia).

Dieci anni dopo il sisma, “Banj” sta dando uno scossone a questa comunità. È un piccolo miracolo qui, nella capitale di un paese che sta in fondo a quasi tutte le statistiche economiche e di welfare del pianeta.

Uno spazio di co-working ma anche un incubatore e un acceleratore per start-up, un ritrovo per eventi e incontri su tecnologia e non solo, messo in piedi grazie alla cooperazione con banche, sponsor, donatori e clienti che pagano da 60 dollari al mese in sù. Qui oggi lavorano quotidianamente developer, programmatori, giovani imprenditori.

Marc Alain è un fiume in piena. Trasuda ottimismo. È riuscito a coinvolgere nel suo progetto anche Facebook e Google, i titani della Silicon Valley, quella vera.

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L'economia di Haiti è soprattutto informale. Quella ufficiale è in crisi profonda a causa delle manifestazioni anti-governative e contro la che hanno paralizzato il paese lo scorso autunno

  • Emiliano Bos / RSI

Quest’angolo hi-tech di Port-au-Prince è in contrasto con tutto il resto di Haiti. Demolisce i luoghi comuni del “paese più povero dell’emisfero occidentale”. Soppianta il fatalismo strisciante che permea ogni gesto degli haitiani. Risolleva lo sguardo di chi dopo il terremoto non aveva più la forza di ripartire.

Anche perché Marc Alain è stato costretto a ripartire. Ad ottobre dell’anno scorso – poco più di un anno dopo l’apertura - la sede di “Banj” è stata vandalizzata durante le violente proteste anti-governative. “Hanno rubato via tutto e io ho assistito al saccheggio in diretta dal mio cellulare attraverso le videocamere di sorveglianza”:

Ecco perché oggi ci sono griglie di ferro alle finestre e un alto muro all’ingresso.

Ma lui è ripartito. Ovviamente dalla rete, quella degli amici e quella virtuale. “Con GofundMe abbiamo raccolto 33mila dollari in un mese, da 420 donatori anche dall’estero”. L’obiettivo era di riaprire prima di Natale. Marc Alain c’è riuscito. “Mi ha sostenuto tutta la comunità e ora siamo in un network con una ventina di altri paesi. Possiamo farcela anche qui”.

Persino ad Haiti? "Persino ad Haiti".

Dalla radio

  • MODEM del 9.01.2020 Il reportage di Emiliano Bos da Haiti

    RSI Info 12.01.2020, 10:21

  • RG 12.30 del 10.01.2020 Emiliano Bos a una quarantina di chilometri dalla capitale Port-au-Prince ha incontrato Philippe Beauliere, direttore di una piccola scuola privata. Che dopo oltre 20 anni vissuti tra Stati Uniti e Canada, nel 2003 tornò ad Haiti

    RSI Info 12.01.2020, 10:24

  • RG 12.30 dell'11.01.2020 Il reportage di Emiliano Bos ad Haiti 10 anni dopo il devastante terremoto che provocò 100'000 morti. L'economia è piegata dalla crisi politica

    RSI Info 12.01.2020, 10:24

  • RG 12.30 del 12.01.2020 Il reportage di Emiliano Bos, nella capitale con gli sfollati

    RSI Info 12.01.2020, 13:57

  • RG 12.30 del 12.01.2020 La diretta di Emiliano Bos e le considerazioni su Haiti

    RSI Info 12.01.2020, 14:13

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