Analisi

La battaglia di Avdiivka e le difficoltà ucraine

La roccaforte ucraina nel Donbass sempre più sotto pressione, Kiev in parziale ripiegamento – I retroscena del siluramento del generale Zaluzhny

  • 16 febbraio, 05:52
  • 16 febbraio, 16:24
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Fumo sopra l'area di Avdiivka, in una foto di giovedì 15 febbraio

  • Reuters
Di: Stefano Grazioli

La battaglia di Avdiivka, nel Donbass, è cominciata quasi due anni fa, con l‘invasione su larga scala dell’ex repubblica sovietica da parte della Russia. La roccaforte ucraina, situata pochi km a nord di Donetsk, capoluogo dell’omonima regione occupata dai russi già dal 2014, è sempre stata quindi sulla prima linea del fronte, dove nel corso del conflitto si sono combattute le battaglie più sanguinose, da quella per Mariupol a sud, alle altre più a nord, da Severodonestk a Lysychansk, da Soledar a Bakhmut. Nelle ultime settimane la pressione russa nell’area si è fatta sempre più evidente e la notizia del ripiegamento parziale ucraino arrivata giovedì non è una sorpresa, inserita appunto nel contesto che dal dicembre dello scorso anno vede le truppe di Kiev privilegiare la fase difensiva, come annunciato dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky dopo la presa d’atto del fallimento della controffensiva della scorsa estate.

Battaglia simbolica

Avdiivka, che era caduta brevemente nel 2014 sotto il controllo de filorussi, è uno dei simboli della resistenza ucraina, che si protrae da dieci anni: benché le comunicazioni di Kiev non abbiano parlato ufficialmente di un ritiro, ma solo di riposizionamento, lo scenario che si sta ripetendo è quello già visto negli scontri precedenti, come quello altrettanto simbolico di Bakhmut, terminati con la vittoria, a caro prezzo, delle forze del Cremlino. Da una parte la Russia, che ha concentrato nel Donbass decine di migliaia di soldati per spingere l’offensiva invernale, ha come obbiettivo dichiarato quello di allargare il perimetro dei territori già annessi, completando la conquista di quelli rimanenti nelle regioni di Donetsk e Lugansk, con l’ipoteca sulla vittoria di Avdiivka che serve anche come strumento per la propaganda casalinga in vista delle elezioni presidenziali del 17 marzo.

Duello interno

Dall’altra parte l’Ucraina attraversa una fase particolarmente delicata, con il duello interno appena risolto tra Zelensky e l’ormai ex capo delle forze armate Valery Zaluzhny, sostituito da Olexandr Syrsky, e i problemi degli aiuti militari e finanziari occidentali che arrivano col contagocce. Syrsky, ex responsabile delle truppe di terra che lo scorso anno aveva guidato la controffensiva di successo a Kharkiv e Kherson, ha poi inanellato una serie di sconfitte, culminate con quella di Bakhmut, e ora è in estrema difficoltà ad Avdiivka. La sua qualità maggiore è quella di essere un fedelissimo del presidente, che lo ha preferito a Zaluzhny, noto per essersi discostato in passato dalla linea voluta dal capo dello Stato; ad esempio proprio nel caso di Bakhmut, dove il generale avrebbe preferito una ritirata strategica anticipata anziché la resistenza ad oltranza fino alla sconfitta. Ora il pallino è in mano a Syrsky, che a quanto pare non sembra avere però su Avdiivka altra scelta, almeno al momento.

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Il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov (sinistra) e il capo delle forze armate delle forze ucraine Oleksandr Syrsky in una località del Donbass non dichiarata

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Aiuto occidentale

Al di là degli screzi tra vertici politici e militari, passati e presenti, il problema maggiore per Kiev è quello oggettivo della penuria di armi, munizioni e uomini per tenere testa all’avanzata russa nel Donbass. Messe da parte, se non altro temporaneamente, i piani di riconquista dei territori perduti nell’est del paese e della Crimea, l’obbiettivo attuale dell’Ucraina è quello di non cedere di schianto nel corso del 2024, ammesso e non concesso che la Russia continui a condurre il tipo di offensiva che sta attuando. Per evitare il collasso fondamentale è il supporto dell’Occidente, diminuito vistosamente già nel secondo semestre del 2023 e legato sia alla volontà politica che alle possibilità oggettive di produzione militare. Essenziale da questo punto di vista è in primo luogo la questione delle munizioni.

Incognita mobilitazione

È in questa ottica che si deve leggere il tour di Volodymyr Zelensky tra Germania e Francia, insieme con i colloqui con i maggiori leader europei e la vicepresidente statunitense Kamala Harris alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Come dimostrano gli sviluppi ad Avdiivka e la volontà del Cremlino di recuperare terreno in direzione di Kharkiv e verso Sloviansk e Kramatorsk, Kiev non può aspettare a lungo: se il deficit di armi e munizioni potrà essere colmato nel corso del prossimi mesi, rimane però l’incognita del fattore umano e della sproporzione tra il numero di soldati che Ucraina e Russia possono ancora mobilitare. Se l’Ucraina ha messo a segno colpi di successo e continua a prendere di mira le navi russe del Mar Nero, non riesce però a riprendere in mano l’iniziativa sul terreno, dove è la Russia che sta dettando il ritmo del conflitto: Putin sta giocando sul lungo periodo, Zelensky ha bisogno di aiuto adesso.  

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