La Russia da oggi ha completamente sospeso le forniture di gas a Polonia e Bulgaria, ufficialmente per effetto del mancato pagamento del gas in rubli, come richiesto da Mosca nelle scorse settimane, in risposta alle sanzioni europee a causa della guerra in Ucraina. La società russa Gazprom ha comunicato a Bulgargaz e Pgnig, le sue controparti bulgare e polacche, che i flussi resteranno sospesi fino a quando i pagamenti in rubli non saranno ricevuti. Polonia e Bulgaria sono paesi di transito del gas verso l’Europa e Mosca ha avvertito che in caso di prelievo non autorizzato di gas russo destinato a stati terzi, le forniture di transito verranno ridotte di un ammontare analogo. Quindi a rischio sarebbero anche altri paesi. Immediata la risposta dell’Unione Europea, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che in un tweet ha commentato che l'annuncio di Gazprom è un altro tentativo della Russia di usare il gas come arma di ricatto.
Nessun effetto particolare per Polonia e Bulgaria
La sospensione delle forniture per Polonia e Bulgaria non avrà comunque particolari effetti per i due paesi, visto che in entrambi i casi il gas è una fonte marginale nel rispettivo mix energetico. Per Varsavia contribuisce per circa il 7%, in confronto a quasi l’80% del carbone. Vale a dire che il gas è facilmente e anche velocemente sostituibile, come in realtà è già stato comunicato proprio dal governo del primo ministro Mateusz Morawiecki, che già lo scorso anno aveva detto che i contratti con la Russia in scadenza ora non sarebbero stati prolungati. Stesso discorso per Sofia, che va, per così dire, soprattutto a carbone e nucleare, mentre il gas rappresenta solo circa il 13% del mix; anche in questo caso quindi riflessi nulli sullo stop, considerando anche che gli impianti di stoccaggio hanno riserve a sufficienza per arrivare alla fine dell’anno e dal 2023 era già stato deciso di non rinnovare gli accordi con Mosca. La guerra non ha fatto altro che far anticipare di qualche mese scelte già previste, da una parte e dall’altra.
Mosca guarda a est
Problemi potrebbero però sorgere sulla questione del transito e successivamente per quei paesi con i contratti in scadenza, nel caso appartenessero alla cerchia di quelli che dipendono davvero dal gas russo. Germania, Austria, Italia o altri paesi, anche al di fuori dell’Unione, come la Moldavia, che non possono fare a meno delle forniture di Gazprom da un giorno all’altro, e per sostituirlo hanno bisogno di anni, sono sicuramente sotto pressione. D’altra parte è però vero che la Russia ha bisogno di vendere il proprio gas, adesso, non può spostare i gasdotti subito, verso la Cina che ha sete di energia. Anche qui il processo di cambiamento di direzione richiede tempo. E Vladimir Putin lo sa. Il Cremlino ha deciso già da tempo di spostare il baricentro delle esportazioni da Ovest a Est e il blocco del gasdotto Nordstream 2 attuato dall’Occidente con le sanzioni non ha impedito la guerra ne bloccato i flussi verso l’Europa, che continuano attraverso Nordstream 1 a nord, Yamal attraverso la Polonia e Druzhba attraverso l’Ucraina. Il futuro è però verso Oriente.
Tra errori e contraddizioni
La guerra ha messo in evidenza tutte le contraddizioni, anche gli errori che sono stati fatti: la Russia al suo interno, puntando quasi tutto sull’export di materie prime, vittima della cosiddetta “malattia olandese”, e l’Europa, diversificando poco sia le fonti che le rotte: da questo punto di vista i problemi non finiranno, dato che i paesi che andranno a sostituire la Russia, dall’Azerbaijan all’Algeria, dall’Egitto al Qatar, non appaino modelli né di democrazia né di affidabilità. Inoltre il conflitto tra Russia e Occidente in Ucraina non è solo quello militare, ma con le sanzioni si è allargato al terreno dell’economia e del commercio ed è inevitabile che le conseguenze si ripercuotano anche in questi settori. Il rischio per l’Europa è che la Russia possa spezzare l’equilibrio della dipendenza simmetrica per scelte politiche che andrebbero a danneggiare tutti gli attori in gioco.
Stop al gas russo in Polonia e Bulgaria
Telegiornale 27.04.2022, 14:30