Il voto più scontato dalle conseguenze meno prevedibili. Nessuna sorpresa da Holyrood, la prima ministra Nicola Sturgeon ha ottenuto dai Verdi scozzesi i voti necessari per approvare la mozione per un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia. Prima le velate allusioni, poi le aperte minacce. Oggi, martedì, il primo atto ufficiale, con l’approvazione del Parlamento di Edimburgo. Una votazione che autorizza formalmente il Governo ad una nuova consultazione referendaria. La seconda nello spazio di tre anni. Quella che - secondo la Premier Theresa May - è ormai “un’ossessione costituzionale” per i nazionalisti dello Scottish National Party.
Parola ai cittadini
Risposta prevedibile
La riposta di Londra è attesa a stretto giro di posta, non più tardi di una settimana. E già si sa che risuonerà in un secco, e indispettito, “no”. Downing Street non ha alcuna intenzione di imbarcarsi in una campagna referendaria in Scozia, dall’esito nient’affatto scontato, proprio nel mezzo della Brexit. Sturgeon, da spregiudicata stratega, non solo ha rilanciato l’utopia separatista nel momento più difficile per il Regno, ma ha anche fissato come orizzonte temporale la primavera 2019. Ovvero quando i negoziati di uscita dall’Unione Europea non saranno ancora conclusi. La sua intenzione appare evidente non meno che cinica: brandire lo strumento referendario come gesto di sfida e dichiarazione di ostilità al potere centrale.
Nicola Sturgeon
Nessuna concessione
Spetta comunque a Londra l’ultima parola. E la Premier Theresa May non ha alcuna intenzione di subire passivamente quello che considera una pericolosa strumentalizzazione politica. Anche a rischio di alimentare (indirettamente) la propaganda indipendentista, sarà irremovibile nel respingere le argomentazioni dei nazionalisti. Non escluderà un futuro referendum, ma solo a Brexit compiuta, magari dopo le elezioni generali nel 2020. Non prima. “Adesso non è il momento”, ha ripetuto una volta di più alla stessa Sturgeon durante l’incontro che le due hanno avuto lunedì in un albergo di Glasgow.
Il tempo scorre
Tregua temporanea
Nel corso del dibattito odierno, Sturgeon ha evitato di alzare i toni, assicurando di volere intrattenere un dialogo costruttivo con Londra. E la stessa May sa che potrebbe aver bisogno dell’appoggio di Holyrood durante le difficili trattative con Bruxelles. Ecco perché oggi, nonostante le posizioni contrapposte, non si è consumato il primo atto di una crisi costituzionale. Ma la prima mossa di una partita a scacchi, che si annuncia lunga e incerta.
Una partita a scacchi tra due giocatori, anzi giocatrici, che hanno ancora troppo bisogno l’una dell’altra per consegnarsi ad uno scontro senza esclusione di colpi. La contromossa di Sturgeon sarà indire un referendum consultivo. Un voto (legalmente non vincolante) per testare la fermezza di Downing Street e tenere alta l’attenzione (mediatica) sulla causa indipendentista. Fino a quando non si troverà un compromesso, sulla data più che sulla opportunità, di un nuovo referendum.
Lorenzo Amuso