Analisi

La nuova dottrina nucleare russa, tra linee rosse e bluff

Putin ha reso più facile l’utilizzo di armi atomiche in risposta ad attacchi sul suo territorio – Minaccia reale o deterrenza preventiva? Due le correnti di pensiero in Occidente

  • 29 settembre, 08:48
  • 30 settembre, 09:07
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Nel corso di oltre due anni di guerra Mosca ha utilizzato con frequenza la retorica atomica

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Di: Stefano Grazioli 

Poco prima che Volodymyr Zelensky presentasse a Washington il cosiddetto piano della vittoria a Joe Biden, da Mosca Vladimir Putin ha annunciato le modifiche alla dottrina militare russa in relazione all’utilizzo di armi atomiche: secondo la nuova versione esse potranno essere utilizzate anche in reazione a un attacco alla Russia con armi convenzionali da parte di uno stato sostenuto da una potenza nucleare. Vale a dire: se l’Ucraina, supportata dalla NATO e in primis dagli USA, insieme con Francia e Gran Bretagna dotati di armi atomiche, attaccasse la Russia minacciandone la sovranità, il Cremlino potrebbe rispondere con l’uso di armi nucleari, sia contro Kiev che i suoi alleati. Non è un caso che la formalizzazione della questione da parte di Putin, già in discussione da tempo in seguito all’evoluzione del conflitto, sia arrivata in contemporanea alla ripetuta richiesta di Zelensky all’Occidente di poter avere il via libera all’utilizzo di sistemi missilistici a lungo raggio in grado di colpire in profondità il territorio russo.

Escalation e retorica nucleare

La guerra sta attraversando un momento forse cruciale e Kiev è in difficoltà nel contrastare l’avanzata russa nel Donbass. Dopo l’incursione ucraina nel territorio russo di Kursk cominciata in estate, Mosca ha aumentato a sua volta la pressione sul fronte orientale e ha escluso trattative di pace. Il piano della vittoria elaborato da Zelensky, che al momento pare più una lista di richieste agli alleati che non una road map concreta per la risoluzione del conflitto, non è stato preso in sostanza in considerazione da Mosca, come non lo era stato quello del 2022, che prevedeva colloqui diretti tra Russia e Ucraina solo dopo il ritiro delle truppe russe dal Donbass e dalla Crimea.

Il Cremlino è però allarmato per quella che considera un’ulteriore escalation e cioè l’uso di missili a lunga gittata occidentali per colpire obbiettivi in territorio russo: Putin vede in questo caso il coinvolgimento diretto e inequivocabile dell’Alleanza Atlantica e la modifica della dottrina nucleare serve come deterrente in questo senso. Nel corso di oltre due anni di guerra Mosca ha utilizzato con frequenza la retorica atomica, nel contesto sia degli sviluppi sul terreno e in quello del duello di propaganda con Kiev e l’Occidente, dove si sono costituite due correnti di pensiero.

Linee rosse e bluff

Secondo Zelensky e quelli che possono essere considerati i falchi a Kiev, prima di tutti l’alter ego del presidente Andrei Yermak, e secondo quello che può essere definito il partito della guerra, che ha esponenti in tutto l’arco dell’Alleanza Atlantica, sia negli USA che in Gran Bretagna, ma soprattutto nei paesi del fianco orientale della NATO (Polonia e Paesi Baltici), le linee rosse, o presunte tali, tracciate dalla Russia non sono da prendere seriamente e le minacce nucleari sono solo un bluff. Mosca deve essere sconfitta militarmente con tutti i mezzi che Kiev può avere, compresi i sistemi missilistici a lunga gittata: per questo le forniture, fino ad oggi insufficienti, devono essere aumentate in qualità e in quantità per consentire la vittoria ucraina e imporre alla Russia una sconfitta che porti a un cambio di regime nel paese. È questo in soldoni il piano della vittoria presentato da Zelensky a Biden, Harris e Trump.

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C’è invece chi ritiene che una potenza nucleare messa alle corde possa ricorrere all’utilizzo di un’arma nucleare tattica per rispondere a un attacco considerato minaccioso alla propria sovranità ed esistenza. È questa la linea tenuta sino ad ora a Washington e nelle capitali europee, da Berlino a Parigi passando per Roma: il mutamento delle tacite regole d’ingaggio e l’allargamento del conflitto in Russia, non in maniera chirurgica, ma su larga scala, potrebbe condurre a una escalation difficile da tenere sotto controllo. Così si spiega il rifiuto di un coinvolgimento palesemente diretto, sia attraverso gli armamenti che con risorse umane, degli USA e della NATO.

Putin, che ha ordinato l’invasione dell’Ucraina, se vedesse la sconfitta all’orizzonte considererebbe l’ipotesi di mandare un segnale nucleare? La modifica della dottrina militare è un bluff? Qualcuno vuole vederlo davvero? Prima dell’opzione atomica ci sarebbero in ogni caso varie scelte che la Russia potrebbe valutare come risposta a eventuali attacchi diretti sul proprio territorio, a partire dalla moltiplicazione di quelli in Ucraina con l’estensione degli obbiettivi, strategia che parzialmente è già stata avviata. La cautela dei moderati, in Occidente e a Washington, può derivare inoltre dal fatto che da un lato magari non si è sicuri della reazione di Mosca, oppure, grazie proprio al lavoro d’intelligence che aveva predetto anche l’invasione nel febbraio 2022, si è invece certi che oltre un certo limite non bisogna comunque andare e i segnali del Cremlino devono essere presi seriamente.

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