Sotto la cupola del Congresso Scott MacFarlane snocciola dati, sentenze, aneddoti sul dopo 6 gennaio 2021. Questo giornalista investigativo di recente passato alla CBS è una sorta di bignami di tutti i procedimenti giudiziari seguiti all’assalto a Capitol Hill di un anno fa.
Quando lo incontriamo, la Corte Federale di Washington DC ha appena incriminato 31 membri delle milizie dei Proud Boys e degli Oath Keepers per “cospirazione e aver coordinato atti di terrorismo domestico”. Per questo cronista giudiziario sono proprio questi i casi a meritare più attenzione.
“Vi sono circa 700 persone incriminate, ma solo per una cinquantina vi è già una sentenza. I casi di cospirazione – spiega MacFarlane – sono quelli più gravi: sono gli accusati di sedizione, e si possono contare a dozzine. Le aggressioni alla polizia, invece, quei feroci combattimenti corpo a corpo stile Games of Thrones sono finora circa duecento. Ma ogni giorno emergono nuovi casi, anche quelli per reati importanti. Scott non ha dubbi: “Questa è la più grande inchiesta nella storia degli Stati Uniti, e siamo solo all’inizio. Vi sono all’incirca settecento imputati, a un anno dai fatti, e potrebbero essercene ancora almeno altre due centinaia”.
Il giornalista investigativo di CBS Scott MacFarlane.
D. Cosa ha significato per il sistema giudiziario americano?
Scott MacFarlane: “È uno sforzo senza precedenti. Sono coinvolti quasi tutti gli uffici dell’FBI. Gli indagati vengono da praticamente tutti gli Stati e la corte dove avvengono i processi è il Tribunale federale vicino al Capitol Hill. Ed è inutile dire che non si è abituati ad avere 700 casi da istruire. Di solito ce ne saranno 200 l’anno… quindi stanno cercando rinforzi, personale, procuratori, avvocati”.
D. Vuol dire che l’indagine sul 6 gennaio sta sovraccaricando il sistema penale?
SM: “Gli inquirenti non lo ammetteranno, ma sì… E l’agenda è già piena. È difficile trovare date per i processi. Stanno ancora aggiornando i processi, almeno fino all'autunno del 2022. E ce ne saranno anche dopo”.
D. Come hanno lavorato gli inquirenti? Hanno scandagliato tutte le immagini girate, tutte quelle postate sui social media? Parrebbe che i protagonisti dell’attacco hanno lasciato online un sacco di prove…
SM: “Per gli inquirenti è stata un’enorme fortuna e un problema gigantesco. C’è una valanga di immagini, di prove, di possibili documenti per l’accusa da portare a un eventuale processo. Una quantità senza precedenti. Ma questo per i procuratori significa un lavoro enorme, devono prepararle per la corte, per gli avvocati difensori… e questa quantità di materiale implica una dilatazione dei tempi di inchiesta e procedurali”.
D. Che strategia adottano le persone incriminate? Ammettono le loro responsabilità o anche dinanzi al Giudice sono battagliere?
SM: “Nel sistema di giustizia penale federale, quasi tutti gli imputati accettano un patteggiamento, raramente vanno a processo. Richiede troppi soldi e troppo tempo. Questa volta potrà essere diverso. Ci sono tre livelli di incriminati: quelli presenti al Campidoglio ma senza commettere violenze o particolari infrazioni, accusati di reati minori, la pena varia da settimane a mesi, ma potrebbero anche non andare nemmeno in carcere. C’è un secondo livello: quelli accusati di aggressione o di essere entrati al Senato o alla Camera dovranno farsi un po’ di prigione, la pena varia dai tre ai cinque anni [n.d.r.: come il cosiddetto sciamano di QAnon che ha patteggiato una condanna di 41 mesi di carcere]. E poi ci sono i reati più gravi: cospirazione, aggressioni grave, attacco alle forze dell’ordine e nessuno di questi casi finora è arrivato davanti a un giudice. Non sappiamo cosa accadrà, non c’è stata ancora una condanna. Il primo caso verrà giudicato ad aprile”.
Jacob Chansley, lo sciamano di QAnon all’udienza del 17.11.21.
D. Chi è già stato sentito ed ha subito una condanna che atteggiamento ha avuto nei confronti della Corte?
SM: “Gli indagati esprimono rimorso, ma non prima di conoscere la possibile pena dinanzi al giudice. E poi cercano di collaborare e patteggiare. E molti di loro danno la stessa giustificazione: mi son lasciato trasportare, è stato un momento di follia, di frenesia”.
D. A giudicare da quanto abbiamo sentito e visto quel giorno online, molti erano convinti di essere dalla buona parte della storia, seguivano il loro Presidente. Quali sono le responsabilità penali di Donald Trump?
SM: “Questa domanda permea ogni passo del procedimento. Anche se a novembre un giudice federale ha stabilito che Donald Trump con il raduno convocato davanti alla Casa Bianca può sì aver aizzato la folla ed è dunque in parte responsabile, ma tutti i manifestanti indagati sono persone adulte, responsabili dei propri atti e non è un’attenuante dire di aver fatto quel che chiedeva il presidente…”
D. Ma è possibile che l’ex presidente venga lui stesso incriminato? O è difficile dimostrare la responsabilità diretta?
SM: “Non c’è ancora una risposta chiara. Ci vuole ancora tanto tempo prima della conclusione dell’indagine e prima di allora qualcuno, al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, dovrà spiegare perché è possibile o non è possibile perseguire penalmente Donald Trump. È una questione costituzionale complessa, secondo molti analisti, anche se poi è chiaro a tutti che il 6 gennaio i manifestanti sono andati al Campidoglio perché era quello che Trump aveva detto”.
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