È un nuovo gallo quello che canta oramai a 96 metri sopra i tetti di Parigi. Lo scorso 16 dicembre gli operai del cantiere della cattedrale di Notre-Dame hanno infatti issato e montato in vetta alla guglia della basilica la figura dorata dell’animale.
Tutto un simbolo della ricostruzione della cattedrale ferita gravemente da un incendio il 15 aprile 2019 che aveva distrutto il tetto medievale, parte della volta e la guglia ottocentesca voluta dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc sulla quale cantava proprio il famoso gallo.
Quattro anni e mezzo dopo quell’incendio il cantiere sembra procedere spedito verso la riapertura prevista tra un anno, l’8 dicembre 2024. Gli ingenti doni arrivati da tutto il mondo -circa 850 milioni di euro- e la voglia di “restituire al mondo” la cattedrale, come ci dice il suo architetto capo Philippe Villeneuve, hanno fatto progredire i lavori rapidamente.
“Questo cantiere ha qualcosa di meraviglioso: c’è un vero spirito Notre-Dame! Non ho mai visto un posto nel quale le persone arrivano da orizzonti, da religioni e da Paesi così diversi, e dove allo stesso tempo lavorino tutti per un unico obiettivo” spiega Villeneuve alla RSI, primo media svizzero a essere entrato nella chiesa durante i lavori, mostrando la navata centrale restaurata della chiesa.
Il cantiere era sicuramente tra i più complicati, soprattutto perché bisognava agire velocemente dopo l’incendio (senza il tetto, le pareti rischiavano di crollare) e perché le circa 450 tonnellate di piombo del tetto andate in fumo si sono depositate ovunque, rendendo necessaria prima di tutto una decontaminazione.
Come abbiamo potuto verificare in prima persona, per accedere al cantiere bisogna svestirsi completamente e indossare abiti da lavoro, mentre ad ogni uscita è obbligatorio svestirsi e farsi una doccia, prima di ritrovare gli abiti civili. Una logistica che rallenta e complica le giornate dei circa 500 operai, muratori, carpentieri, scultori, restauratori, architetti e ingegneri che possono trovarsi allo stesso tempo all’interno.
Lo sforzo collettivo però sta pagando: il tetto, formato da circa mille travi tagliate a mano con tecniche medievali, sta ritrovando la sua forma appuntita; la guglia, composta da migliaia di pezzi, è stata ricostruita e i tre grandi fori creati dalla caduta della guglia nelle volte, sono stati richiusi.
I restauratori sono anche scultori e riproducono le opere originali andate distrutte
“Sono felice perché non si vedono” sorride Villeneuve mostrandoci la terza e la quarta campata della navata centrale di Notre-Dame restaurate e già visibili. Per evitare che si vedesse la differenza tra il vecchio e il nuovo “ci siamo inventati una storia, abbiamo scalpellato i giunti per renderli più larghi come se fossero stati ritoccati anche loro tre o quattro volte” come quelli medievali, dettaglia l’architetto capo del cantiere, palesemente soddisfatto.
La cattedrale in parte già spogliata dalle 1200 tonnellate di ponteggi montati solo all’interno, ha ritrovato anche un colore più caldo. “Abbiamo applicato del lattice su 44 mila metri quadrati di pareti della basilica e quando l’abbiamo rimosso ha portato con sé la sporcizia”, continua l’ingegnere che ha anche deciso di armonizzare il colore dei giunti delle colonne (che ostentavano un grigio intenso fatto dipingere da Viollet-le-Duc), ottenendo un risultato allo stesso tempo armonioso e accogliente.
Al di fuori proseguono intanto i lavori di ricopertura con piombo della guglia, che dovrebbe già essere visibile per le olimpiadi della prossima estate: “i ponteggi dovrebbero essere già stati parzialmente smontati rendendone visibile una buona parte” ci spiega Philippe Jost, a capo dell’organismo pubblico che sovrintende i lavori di restauro.
Per lui non ci sono dubbi “saremo pronti per l’apertura il prossimo 8 dicembre 2024”, quel giorno il gallo dorato della guglia dovrebbe splendere in cima alla vecchia regina delle cattedrali francesi che avrà finalmente ritrovato l’elegante bellezza che la rende unica da oltre sette secoli.
Il cantiere è immenso ma procede spedito