Il decaduto presidente catalano Carles Puigdemont ha voluto indire martedì una conferenza stampa a Bruxelles, durante la quale ha rimarcato come il suo Governo catalano abbia “voluto garantire che non ci saranno scontri, né violenza legati alla situazione creatasi".
Carles Puigdemont arriva alla conferenza stampa da lui indetta a Bruxelles
Secondo il politico, “se lo Stato spagnolo vuole portare avanti le cose con la violenza sarà una decisione sua”. Ha pure ricordato di aver ricevuto venerdì scorso, dopo la dichiarazione d’indipendenza (azzerata martedì dalla Corte costituzionale di Madrid), dati stando ai quali l’Esecutivo spagnolo stava elaborando un'offensiva senza precedenti e, nel contempo, era pronta anche una denuncia del procuratore con pene che potevano arrivare a molti anni di detenzione. “Abbiamo sempre voluto la strada del dialogo”, ha asserito Puigdemont, “ma in queste condizioni tale possibilita non era percorribile”.
"La Spagna persegue idee e persone, non un reato"
Del resto, ha rimarcato l’ex capo del Governo catalano, “la denuncia del procuratore spagnolo persegue idee e persone e non un reato”, ciò che conferma “le intenzioni bellicose di Madrid”. E su tali basi Carles Puigdemont ha voluto segnalare di “non aver mai abbandonato” la Catalogna e di voler continuare a lavorare” per la Catalogna e per fare in modo che non siano demolite le istituzioni catalane con l’applicazione dell’articolo 155 e si tenga vivo il “Governo legittimo” della Catalogna.
A un mese dal voto nella regione che ha scatenato il putiferio, e nell'ottica di un appuntamento alle urne utile per eleggere una nuova compagine governativa catalana, Puigdemont ha chiesto a gran voce al premier spagnolo Mariano Rajoy il rispetto in ogni caso dei risultati che scaturiranno dalle urne il 21 dicembre.
"Processato sì, ma in condizioni eque"
Infine, sull’eventualità di un arresto o di una richiesta d’asilo, ha sibilato che lui e i suoi fedelissimi non sfuggiranno alla giustizia, ma si confronteranno “alla giustizia in modo politico”. Lui di fatto tornerebbe a Barcellona per farsi giudicare solo a condizione che gli fosse garantito “un processo equo e di essere pronto anche a finire in carcere per trent’anni”. Al momento, tuttavia, non sembra intenzionato a tornare in terra di Spagna, restando "in Belgio per motivi di sicurezza", rimanendo però in un’Europa alla quale chiede di reagire, poiché “il caso e la causa catalana mettono in questione i valori su cui si basa l'Europa”.
ATS/Reuters/EnCa